E così fu la distruzione e la rinascita di Kumogakure no Sato. La catena di esplosioni si susseguiva senza fine, squarciando il silenzio, la terra tremava, i muri dei palazzi si sgretolavano, le fiamme divampavano in ogni dove. Mentre gli uomini della Nuvola riversata nelle strade si aprivano un varco tra le linee nemiche, spinti da un nuovo ardore, un sentimento nuovo di unione, un impeto di patriottismo. Molti di loro caddero quel giorno, ognuno trascinando con sé nell'oltretomba l'oppressore nemico. A quale sacrificio erano chiamati quel giorno i figli del Fulmine! Eppure coloro che si lanciavano in quella guerriglia urbana apparivano perfettamente sereni, coscienti di ciò che il fato riservava loro, di quanto infime fossero le speranze di sopravvivenza, mentre lo stesso villaggio si contorceva e divorava sé stesso per scacciare l'ospite parassita.

- Che la Nuvola sia purificata con il fuoco. - Sussurrò Shuya.
Il bastione su cui su cui si ergeva subiva potenti scossoni ad ogni deflagrazione e pochi minuti iniziò a collassare per effetto della gravità. Sfruttando ancora una volta l'arte oculare per analizzare le possibili vie di salvezza, lo shinobi si lasciò accompagnare verso il basso, balzando da un blocco all'altro di quello che prima un bastione di vedetta. Fu investito da parecchi detriti, lacerandosi le vesti e subendo ferite di media entità in più parti del corpo, mentre il fuoco rendeva l'atmosfera torrida, spingendo le correnti d'aria verso l'alto, ma in qualche modo ne uscì vivo e senza ossa rotte.
Si ritrovò al suolo, disteso sulla schiena, in mezzo alla polvere, ma grazie al byakugan impiantato poteva ancora ammirare il cielo. La nebbia si innalzava verticalmente, sospinta dal calore. Rise. Una risata, che se non fosse stata coperta dalle esplosioni sarebbe forse si sarebbe potuta udire da ogni angolo del villaggio. La risata di un folle.
Durò secondi, minuti, in cui rimase immobile, semplicemente a ridere. Poi, lentamente, a tentoni, si rimise in piedi.
- E che il fulmine cada sui suoi nemici. - Continuò, con una voce che quasi non era la sua.
Alzò il braccio destro al cielo, che in un istante fu collegato al cielo da sottile fascio di luce. Le nubi temporalesche, onnipresenti sopra quel Paese, erano rinvigorite dall'umidità precedentemente accumulata sul borgo e più di ogni altro giorno incombevano minacciose.
- Non andate da nessuna parte... - Esclamò bieco, semplicemente lasciando cadere il braccio.
- Arte del Fulmine, Kirin!
Il fulmine dalle sembianze di dragone si schiantò al suolo in un instante, sul generale della Nebbia e la carovana radunata attorno a lui, provocando un boato ben più potente degli antecedenti, lasciando null'altro che terra bruciata.

Scaricata l'energia elettrica che le teneva agglomerate, le nuvole stesse iniziarono poi a riversarsi sul villaggio sotto forma di pioggia. Dapprima dolce pioggerella e poi diluvio torrenziale.
- Infine piangi Kumogakure no Sato, che le tue lacrime lavino il dolore e il sangue.
Recitando quell'ultima preghiera Shuya alzò gli occhi verso il cielo, lasciando che le gocce di pioggia gli accarezzassero il viso e lenissero le cicatrici. Tutto intorno a lui era finalmente il silenzio. Il fumo e la polvere pian piano lasciavano spazio ad un paesaggio spettrale, un luogo di desolazione.
Sopra il suo capo, alcune ombre nere apparvero e cominciarono a volteggiare in cerchio. La maggior parte di esse appariva da terra come un puntino svolazzante, solo una di esse, al centro, si distingueva per le dimensioni decisamente maggiori.
Nella follia collettiva di quel giorno, molti sopravvissuti li credettero i fantasmi dei compaesani caduti che lasciavano la Nuvola. In realtà erano corvi.