The End is Coming

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  1. .Edward_Elric.
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    Più che una fanfiction, è una sorta di racconto breve. Praticamente è un elaborato che ho scritto per un concorso letterario. Dato che l'ho già consegnato,voglio postarlo qua. Spero che vi piaccia,o quantomeno che non vi annoi.
    Considerate che è anche un lavoro frettoloso fatto in tre giorni di seguito (la scadenza era prossima,ho lavorato anche di notte)

    “Tutto nato da un capriccio. Un insulso ed infantile capriccio.
    Di chi? Non hanno un nome, o meglio, nessuno ha mai cercato di scoprirlo. Troppo impegnati a cercare di sopravvivere, per perdere tempo a cercare di dargliene uno. Ma una cosa è certa. Se non erano Dei, la loro natura si avvicinava molto ad essi.
    Da cosa si capiva? Erano appena un centinaio di individui, e nonostante il numero esiguo, quasi tutta la razza umana era stata sterminata da loro. Nessun armamento o incantesimo, per quanto complesso, potente o articolato, riusciva a fermare in modo definitivo la loro avanzata. Rallentarla, forse. Al massimo ostacolarla per breve tempo, ma mai in modo significativo.
    Immortali? No. Invincibili? Non del tutto. Certo, non era affatto facile ucciderli, tuttavia era possibile. E questa realtà dei fatti fornì alla razza umana una flebile speranza, quel tanto che bastava per far si che non si arrendessero al fato avverso, quel tanto che bastava per convincerli a opporre una strenua resistenza.
    Passarono molti anni dall’inizio di questa insensata guerra.
    Donne, uomini, anziani, bambini... nessuno si sottraeva alla battaglia. Chi mosso da un ideale, chi da un puro desiderio di vendetta, chi da un mero istinto di conservazione, tutti combattevano, insieme, aiutandosi a vicenda indistintamente.
    Eppure non bastava.
    A poco a poco, ci si avvicinava alla fine della guerra, all’epilogo. Entrambi gli schieramenti avevano subito ingenti perdite. Gli uomini contavano vittime a milioni, i semidei furono sfoltiti di oltre la metà.
    Di umani ormai ne erano rimasti un centinaio, o poco più. Era un gruppo eterogeneo, anche se estremamente compatto, ed era composto da individui di ogni età, razza o sesso. Tutti quelli che facevano parte di questo gruppo avevano affrontato almeno una volta i semidei in battaglia, e tra di essi era annoverato anche chi era riuscito a uccidere alcune di queste entità. Fino ad oggi, erano riusciti a sopravvivere, ma a un prezzo decisamente alto. Erano oramai sfiniti, i sonni non ristoravano più le stanche membra, la loro salda fermezza si andava indebolendo ora dopo ora, e il morale era al minimo…ma non volevano, non potevano fermarsi, né tantomeno arrendersi. Se non per loro, almeno per quelli che erano morti per loro, per quelli che erano morti per un futuro apparentemente irrealizzabile, morti per opporsi al destino, morti per fornire ai vivi la speranza di continuare a vivere.
    Sulle loro spalle gravava un’enorme responsabilità. E anche se poteva sembrare solo un peso, in realtà era uno dei pochi motivi che li spronava a dare ancora il massimo in quel momento di bisogno.
    Invece, parlando delle entità, erano rimasti in venti, un numero di morti che loro stessi non si aspettavano. Nella loro arroganza avevano sottovalutato i loro nemici, e l’onta dello smacco fu tale che la loro furia non era quantificabile. Come belve ferite, ormai non ostentavano più la loro magnificenza, ma si limitavano a distruggere e devastare qualsiasi cosa fosse sul loro cammino con rabbia e ferocia.
    L’aspetto peggiore era dato dal fatto che, nonostante fossero pochi, potevano ancora perpetuare, e raggiungere, con facilità il loro obbiettivo iniziale di sterminio di massa.
    In pratica, a dispetto delle apparenze, l’ago della bilancia puntava a favore delle entità. Ma il futuro non era ancora stato scritto, e quindi tutto era ancora possibile.
    Ora come ora, mancava un'unica battaglia, l’ultima, che avrebbe decretato la fine della guerra, e al contempo la fine di una delle due razze.
    Come teatro di questo ultimo scontro, gli umani avevano scelto la fortezza di Anya, praticamente l’unico posto in cui era ancora possibile organizzarsi per prepararsi alla battaglia, l’unico posto definibile ancora casa. Era un castello arroccato su una collina, che un tempo affacciava su una lussureggiante radura e su verdeggianti brughiere.
    Già in passato, era stato il luogo di un combattimento tra uomini e semidei, e quasi miracolosamente, era rimasto in piedi, intatto. Ma la stessa cosa non si poteva dire per gli abitanti di quel luogo, né tantomeno per le terre che lo circondavano. Infatti, ora era solo il tetro testimone di una landa desolata, macabra, apocalittica.
    Memori della sua simbolica resistenza, proprio per questo gli uomini tornarono a rifugiarsi al suo interno.
    La resa dei conti era prossima. I nemici sarebbero giunti prima o poi. Ormai non rimaneva che attendere.”


    L’alba era finalmente giunta. Yaren, uno dei tanti guerrieri che risiedeva nel castello di Anya, aveva trascorso insonne tutta la notte, di fuori, appoggiato sulle guglie merlate della torre più alta, e pertanto fu il primo ad assistere alla visione di quel sole timido e pallido che usciva poco a poco dall’orizzonte frastagliato. Gli sembrava titubante, quasi come se non volesse uscire, come se non volesse alzarsi. O forse era solo un’impressione dettata dal suo animo. Forse era lui che titubava, che era preoccupato.
    D’altronde, mancava poco alla battaglia finale, e lui sentiva sul suo collo il freddo fiato della Morte, che con la sua falce attendeva solo di mietere la sua anima tormentata.
    Al solo pensiero di quella orrenda visione, un brivido percorse la sua schiena. Scosse la testa, cercando con quel gesto di scacciare quella tetra immagine dalla sua mente. Era un guerriero ben addestrato, prima ancora che iniziasse la Guerra, pronto fisicamente e psicologicamente a ogni evenienza. Oltretutto aveva già affrontato quelle entità, e la sua spada insieme a quella di molti aveva già contribuito a spegnere per sempre la vita di uno di quei miserabili. Perché quindi ora sarebbe dovuto essere diverso?
    Cosa era cambiato?
    Non ottenne risposta alle sue domande, provocandogli solo ancora più tormento. Al che, decise che era giunto il momento per tornare all’interno del castello, voltando le spalle al sole ancora freddo, voltando le spalle alla desolazione che ormai era uniforme in tutto il paesaggio. O almeno così sembrava.
    Si bloccò, perché un particolare attirò la sua attenzione, un dettaglio che solo il suo occhio esperto riusciva a scorgere, seppure in modo flebile.
    In lontananza, poco più in là dell’orizzonte, erano presenti delle macchioline nere che si muovevano, con un incedere lento ma deciso, verso il castello. Sperava fosse solo uno scherzo dei suoi occhi stanchi, un gioco di luce mal interpretato, ma in cuor suo sapeva che erano solo scuse impiegate per non accettare la realtà dei fatti.
    <<infine sono dunque giunti…>>
    Impossibilitato alla fine a non poter più negare la realtà dei fatti, queste furono le uniche parole che il guerriero ebbe il coraggio di pronunciare.
    Sentì il cuore, attanagliato da una stretta di terrore, che pulsava freneticamente a ritmi insostenibili, tanto che era sul punto di esplodere. L’angoscia rese liquidi i suoi intestini, e i muscoli divennero molli, reggendo a fatica tutto il corpo.
    Di nuovo, la paura si impossessò della sua mente. Ma mantenendo un briciolo di razionalità, riuscì a mantenersi sotto controllo giusto il necessario per evitare di andare nel panico più totale.
    Sapeva perfettamente che era meglio evitare isterismi per non gettare nel caos l’intero castello. Ovviamente però, sapeva che avrebbe dovuto comunque informare tutti della venuta dei nemici.
    Quando il cuore finalmente tornò a battere regolarmente e quando riuscì a riottenere il controllo del suo corpo, rientrò nel castello e si diresse da Viral, il suo più grande amico, ostentando una calma che in realtà non possedeva, più che altro per non allarmare quelli che incrociava per le vie del castello.
    Cercava Viral perché, oltre a essere il suo più caro amico, era il miglior combattente, il miglior stratega e il miglior oratore che avesse mai conosciuto. Non era né un capo, né un comandante, perché i sopravvissuti, con un tacito accordo, decisero di non stabilire una gerarchia di comando. Eppure, nonostante questo, gli veniva mostrato sempre rispetto e riverenza, ed era un punto di riferimento per tutto. Se sorgeva un problema, lui sapeva quasi sempre la soluzione adatta. Se nasceva un dubbio, lui sapeva cosa dire per dissiparlo. Quando qualcuno era depresso, o aveva il morale troppo basso, o aveva semplicemente bisogno di sfogarsi, lui era sempre presente, a disposizione di chiunque, qualunque fosse stato il momento e a qualunque ora. Era merito suo se gran parte dei sopravvissuti non si erano arresi o suicidati. Per questo la decisione di andare a parlare con lui era la scelta più idonea, quasi spontanea, per trattare un caso come quello.

    Giunto alla sua camera, evitando convenevoli o simili, gli espose ciò che aveva visto, con una nota di pesante preoccupazione nel tono di voce. Viral, che era seduto su uno sgabello vicino a una finestra, corrugò la fronte, turbato dalle nuove tutt’altro che buone.
    <<questa non ci voleva. Non mi aspettavo che giungessero così presto.>>
    <<cosa facciamo dunque? Non possiamo rimanere con le mani in mano.>>
    <<calmati amico mio. Il panico genera solo altro panico. Inizierò chiamando a raccolta gli stregoni, per preparare le prime difese, dopodiché conferirò anche con tutti gli altri, e ci organizzeremo un po’ meglio. Tra quanto dici che verranno?>>
    <<se mantengono lo stesso andamento, verso sera, non più tardi. Ma se accelerano il passo anche prima.>>
    <<allora manderò una vedetta a controllare la situazione tra qualche ora.>>
    <<d’accordo. Sapevo che potevo contare sul tuo aiuto.>>
    <<bazzecole. Abbiamo affrontato tanti scontri insieme e te la sei sempre cavata egregiamente.>>
    <<questa volta però è diverso. Non sono più come prima.>>
    Considerata chiusa la conversazione, Yaren fece per andarsene, ma Viral lo bloccò a metà strada.
    <<se hai qualche problema, puoi parlare tranquillamente con me, lo sai no?>>
    <<sì, lo so…>>
    <<allora perché non inizi a dire che cosa hai?>>
    <<incomincio ad avere paura. Paura di come questa storia possa finire, paura di quello che mi potrebbe accadere. Da quando sono diventato guerriero, questa è la prima volta che provo davvero paura. E non mi piace.>>
    Al termine della frase seguì una lunga pausa silenziosa, intercalata di tanto in tanto dal respiro pesante dei due guerrieri.
    Per un attimo, Yaren temette quella pausa, tanto silenziosa quanto assordante, e allo stesso tempo temette il giudizio dell’amico, un timore che andava sempre di più ad accrescere quanto più il silenzio continuava. Per la seconda volta, tentò di uscire dalla stanza, sicuro che ormai non era più nelle attenzioni dell’altro, e per la seconda volta fu fermato, perché proprio in quel momento Viral incominciò a ridere. Perplesso, l’altro guerriero si girò a guardarlo, curioso quantomeno di sapere perché avesse incominciato a ridere.
    <<mi sarei preoccupato del contrario. Sono felice di sapere che tu provi paura. >>
    <<cosa?>>
    Si alzò dal suo posto, e si posizionò meglio davanti alla finestra, forse per catturare un po’ del fresco vento che soffiava fino a quel momento.
    <<la paura è nostra amica. Lo è sempre stata. E’ grazie alla paura se noi riusciamo a compiere meraviglie.>>
    <<non capisco cosa tu voglia intendere.>>
    <<nulla di più di ciò che ho detto. Sono contento che tu riesca a provare paura, perché questo, oltre a renderti finalmente un guerriero completo, ti rende umano a tutti gli effetti. Quando non provi paura, sei solo una macchina, un contenitore privo di qualsiasi spessore, un oggetto senza alcun significato. Senza la paura, non avresti la giusta misura per valutare i pro e i contro di ogni situazione. Senza la paura, moriresti senza nemmeno accorgertene. La paura è il più grande dono posseduto dagli uomini.
    L’esempio migliore viene da questa guerra. Se non avessimo avuto paura di estinguerci, saremmo stati spazzati già da tempo senza alcuna possibilità di appello.
    L’importante quindi non è avere paura, ma non farsi sopraffare da essa. Ti è chiaro adesso?>>
    <<però ciò non toglie che il nostro futuro è comunque incerto. >>
    <<giustamente. Ma come è incerto per noi, è incerto per i nostri nemici. >>
    <<non mi sembra così tanto incerto per loro. Guarda la differenza di forza che c’è tra noi… >>
    <<il futuro non è scritto da alcuna parte. Dimmi, se tu sapessi che domani, qualunque cosa accada, tu saresti vivo e vegeto e senza alcuna preoccupazione, oggi combatteresti contro il tuo nemico? >>
    <<non penso.>>
    <<e pensi che qualcun altro combatterebbe se sapesse che ha praticamente la vittoria in tasca, o che qualcuno combatterebbe se sapesse a priori di essere sconfitto?>>
    <<no…>>
    <<esatto. Vedi, nonostante le nostre alte conoscenze, nonché il grande controllo che abbiamo assunto sulla magia, non esistono veggenti in grado di sapere cosa accade nel futuro. In molti hanno tentato di scrutare anche solo per un attimo ciò che doveva accadere, ma nessuno è mai riuscito. Questo perché il futuro è un continuo divenire, un perpetuo cambiare senza punto fisso o soluzione di continuità. E proprio perché non si conosce il futuro che si vive la propria vita. >>
    <<ma vale anche per quelli là?>>
    <<vale soprattutto per quelli là. Pensaci, non hai notato come, nonostante la difficoltà incontrata nel farlo, siamo riusciti a sconfiggerne un gran numero? Ora sono disorganizzati e preoccupati, e si stanno muovendo in gran fretta. Dimostrazione palese è che io non attendevo il loro arrivo se non tra qualche giorno, e un’altra dimostrazione è la rabbia e la devastazione che hanno provocato nelle ultime battaglie.
    Se fossero stati davvero a conoscenza del futuro, e se avevano già visto la nostra disfatta, ora non starebbero utilizzando tutte le loro risorse e le loro energie per schiacciarci.
    “Non si combatte perché si ha la certezza di vincere, ma è perché bisogna vincere che si combatte.” >>
    L’irrequietezza e il senso di pesantezza che indebolivano il suo animo andavano a poco a poco a diradarsi. I dubbi si dissipavano, la speranza tornava forte ad ardere nel petto, e un senso di gratitudine veniva trasmesso dal suo viso.
    <<hanno ragione sul tuo conto. Riesci davvero a fare miracoli. Grazie a te ora mi sento meglio, mi sento vivo.>>
    <<oh, e tutto ciò ti stupisce sul serio? Dovresti conoscermi da più tempo degli altri, lo sai che sono fantastico. >>
    Il tono scherzoso della frase provocò un attacco di ilarità in tutti e due, scatenandogli un forte riso che non provarono nemmeno a trattenere.
    Quella risata, oltre a quella conversazione, fu un vero toccasana, una panacea che epurava il loro spirito dalla negatività che avvolgeva il mondo, una via di fuga che gli permetteva, anche se solo per pochi secondi, di ritagliarsi uno spazio e un tempo tutto loro, totalmente estraneo a quella dimensione, un luogo dove nulla di tutte quelle catastrofi erano avvenute.
    Passò qualche secondo prima che tornassero alla realtà, ma fortunatamente quel leggero velo di allegria non li abbandonò mai del tutto.
    <<grazie, per tutto.>>
    <<per me è un piacere.>>
    I due si salutarono. Finita la conversazione, ognuno tornò alle sue mansioni. Uno si preparava mentalmente per organizzare la strategia più adeguata nonché le parole più adatte per parlare a tutti quanti. L’altro, si preparava fisicamente allo scontro, andando a sistemare l’armatura, oliare la spada, sciogliere un po’ i muscoli e, perché no, concedersi qualche ora di sonno, tanto per non permettere alla stanchezza di prendere il sopravvento sui suoi colpi e sui suoi riflessi.

    La giornata trascorse quasi del tutto, con l’attività nel castello portata a ritmi frenetici.
    Tutti quanti erano stati già informati di ciò che stava per accadere, e a ognuno era già stato affidato il proprio ruolo.
    Come tante formiche all’opera, ognuno svolgeva con precisione esasperata il compito assegnatogli, con la consapevolezza che anche il minimo sbaglio avrebbe decretato prematuramente l’esito della battaglia. Anzi, l’esito della guerra stessa.
    Nessuno era triste, o abbattuto. Viral, così come la stessa mattina era riuscito a portare a nuova vitalità Yaren, aveva spronato al massimo tutti coloro che abitavano il castello, ed era grazie a lui se in quel giorno tanto nefasto, ognuno credeva ancora nella possibilità di un domani.
    Avevano una nuova forza, una forza che non si limitava solamente alla condizione fisica.

    Giunti verso sera, ogni lavoro che doveva essere svolto era stato completato.
    Il tempo, tiranno e inesorabile, ormai risultava agli sgoccioli, e come a farlo pesare, c’era l’incombente presenza dei semidei che avanzavano imperterriti, situati a molte centinaia di metri dal castello, una misura pressoché irrisoria.
    Incominciavano a schierarsi, pronti per l’attacco, incuranti di sapere sé gli umani si erano già organizzati.
    Questi, d’altra parte, avevano già cominciato a disporsi e ad agire così come era già stato indicato, sia fuori che dentro al castello.
    Arcieri, stregoni, incantatori e negromanti si disponevano sulle alte mura, al riparo dietro ai merli, mentre guerrieri di ogni sorta e ogni foggia si disponevano su varie linee, davanti al portone gigante, a difesa della roccaforte.
    Era tutto pronto, e persino lo scenario era leggermente cambiato in occasione dello scontro. Infatti, il cielo si era rabbuiato con nubi scure e dense, cariche di pioggia e tempesta, pronto a scatenare la propria furia da un momento all’altro, e stormi numerosi di corvi erano venuti ad attendere la fine, incuranti e neutrali, con tetro cinismo, impazienti solo di affondare il loro lungo becco adunco nelle carcasse dei caduti, per saziarsi con la loro carne e dissetarsi con il loro sangue.

    Saldi e fermi, i soldati della prima linea e i difensori del castello attendevano l’ordine di carica di Viral, rimanendo comunque concentrati per evitare attacchi a sorpresa.
    Questi, attendeva il momento propizio per dare l’ordine, e nel frattempo chiamò a sé Yaren, rivolgendogli la parola, nonostante il momento poco opportuno.
    <<amico mio, so che mi sei sempre stato fedele, ed è per questo che ti chiedo un favore.>>
    <<parla dunque, sarò felice di darti una mano.>>
    <<sarei onorato se tu guidassi la carica con me. Ti voglio al mio fianco, perché so che con la tua lama al mio fianco risulteremmo imbattibili.>>
    <<mi sopravvaluti, ma in ogni caso, sarò felice di seguirti e di rimanere al mio fianco.>>
    <<allora sappi che abbiamo vinto questa guerra.>>
    Un sorriso beffardo e sardonico tradì la natura della sua ultima frase, la quale però nascondeva un pizzico di seria speranza.
    <<il solito spaccone. Non cambierai mai.>>
    <<non esiste nulla al mondo in grado di scalfire il mio ego, nemmeno una guerra.>>
    <<allora dovrò cercare di fare bene il mio lavoro ed evitare che ti ammazzino. Mi mancheresti un casino.>>
    <<io punto proprio su quello>>
    Concluso il discorso con un altro sorriso, si calò l’elmo sul viso, e si voltò verso i semidei. L’amico fece altrettanto, e al contempo sguainò lentamente la sua spada dal fodero, saggiandone il peso e calibrando la guardia di conseguenza.
    Passarono altri minuti, e un rombo di tuono preannunciò che anche la tempesta era prossima a giungere.
    Ormai la distanza che divideva i due schieramenti era irrisoria, di appena qualche decina di metri.
    Con l’adrenalina al massimo e l’euforia di pari passo, Viral decise che era il momento.
    <<carica !!!>>
    Un urlo possente e belluino, fiero e profondo uscì dalla sua gola con tutto il fiato che aveva in corpo, e come un sol uomo, gli uomini risposero con vigore, alzando al cielo le loro armi, sbattendo i pugni sulle loro corazze e mostrando al mondo la loro presenza.
    Infine, si mossero all’unisono, come un fiume in piena, pronti a riversare la loro rabbia, il loro essere, la loro forza, per imporsi e dimostrare che l’epoca degli uomini non era ancora conclusa.
    Come già detto, la fine era prossima, ma per chi era un mistero.
    A conti fatti, nulla era più certo. La partita era ancora tutta da giocare.
     
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    MARESCIALLO DEI CIELI

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    Ecco, sono qui che commento.
    Scrivi bene (con un italiano di certo più corretto di tante ficcyne che ho letto), però questo frammento di storia sarebbe bello trasformarlo in un racconto lungo originale. Perché é una storia interessante e messa così perde.
    Per dirti: da dove è nato il rapporto tra Viral e Yaren? Chi sono i semidei? Da dove vengono? Come sono giunti alla guerra?
     
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  3. .Edward_Elric.
         
     
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    infatti la mia idea era quello. Creare una storia breve che in realtà risulti un frammento di un racconto più lungo.
    Racconto che ora,senza l'ansia della consegna e della scadenza,sto scrivendo con molta calma xDDD
     
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    MARESCIALLO DEI CIELI

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    dal regno degli dei

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    Sono felice che tu lo stia facendo.
    O meglio, Raiden ne è felice.
     
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    ~Se son rose appassiranno

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    John Pranzo‚the perfect man Lyra ; Guilty Dake † Ødin » W r a t h ¬Banci† .Edward_Elric. Rast ›Lørëñzø Sasori Jr FMO ¶ShikaLee ~Silver D. Namikaze~ con il sinistroooo sempre lui, che gol signori, e Pillo, la prodezza di Pill... e lo vede... e lui è li, Bianchi col sinistro, mamma mia questo è agaf... questo è il manuale del calcio... signori che gol
     
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