Barone del Sant’Andrea Sinatra

Sfruttava i tirocinanti, chiusa l’inchiesta

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    Sfruttava i tirocinanti, chiusa l’inchiesta
    sul «barone» del Sant’Andrea Sinatra

    Il primario è accusato di concussione e falso. La Procura ha depositato gli atti: si va verso la richiesta di rinvio a giudizio

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    ROMA - Si può appartenere all’aristocrazia del bisturi e assumere atteggiamenti padronali con i propri tirocinanti. Si può, da luminari della Cardiochirurgia, titolari di due reparti, una cattedra alla scuola di specializzazione, alterare le regole della competizione - è la tesi dell’accusa - al punto da falsificare i registri della sala operatoria.

    L’inchiesta sugli abusi di potere all’ospedale Sant’Andrea si è appena conclusa. Il pubblico ministero Elisabetta Ceniccola ha confermato le accuse nei confronti di Riccardo Sinatra, primario dell’ospedale e direttore della scuola di specializzazione de La Sapienza, assistito da Francesca Coppi. Il cardiochirurgo, finito ai domiciliari a ottobre 2013 resta accusato di concussione e falso. Le motivazioni con cui i giudici del Tribunale del Riesame presieduto da Guglielmo Muntoni avevano attenuato le misure cautelari (Sinatra era tornato al lavoro) hanno finito per rafforzare l’impianto accusatorio.

    Giudice e pm fotografano, nelle carte dell’inchiesta, le contraddizioni del mondo scientifico universitario, sospeso fra eccellenza e baronie. Sinatra gestiva i reparti in modo autoritario: «Con minaccia rivolta ai dottori specializzandi di estrometterli dalla scuola di specializzazione se non si fossero adeguati alle sue direttive». E le sue direttive, in sostanza, erano prestazioni di lavoro (non retribuite ovviamente) che migliorando l’efficienza del reparto fortificavano la sua posizione all’interno del Sant’Andrea, dove il primario gestisce «in completa autonomia e senza alcun controllo due reparti, quello di Cardiochirurgia e quello di Terapia intensiva». Da qui l’accusa di concussione. Sottoposti a turni capricciosi e orari inadeguati - pena la ritorsione - i tirocinanti dovevano adeguarsi. Tra i nemici di Sinatra anche il potente Luigi Frati che, assieme a uno studente, denunciò uno degli episodi finito nell’inchiesta. La falsificazione dei registri della sala operatoria con nomi di medici che in realtà non avevano preso parte all’operazione. Uno di loro avrebbe firmato per 150 interventi avendone eseguiti meno di 10. Rischiano la richiesta di rinvio a giudizio per falso anche i tre cardiochirurghi Giovanni Melina, Umberto Benedetto e Antonino Roscitano.


    fonte: corriere.roma
     
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