Pray for Paris

"Il sonno della ragione genera mostri",
è stato il mio primo pensiero, lo stesso di non molti mesi fa, dopo le notizie sull'attacco alla redazione di Charlie Hebdo.

Il conto dei morti segna 128 e forse aumenterà poichè sono decine i feriti gravi. Probabilmente qualche processo mentale ci impedisce di trasformare quel numero in volti, in corpi, un meccanismo di difesa della psiche. Eppure sono CENTOVENTOTTO persone reali, che potrebbero essere benissimo i nostri vicini di casa, amici, conoscenti. Perchè infondo Parigi non è poi così lontana, anzi, su scala mondiale è praticamente nel quartiere accanto.
Innocenti, vittime dalla follia omicida di invasati, ai quali non è possibile applicare alcuna definizione di Essere Umano, di "animale civile e razionale", nella visione aristotelica alla base della cultura occidentale contro cui loro si gettano imbattiti di esplosivi. Quello che rimane è solo "animale": bestie, vittime a loro volta di un lavaggio di cervello senza precedenti, se non nei romanzi di Orwell.

L'invettiva contro la religione sarebbe ed è fuorvioante, perchè se puntiamo il dito contro l'Islam, lo puntiamo contro tutta la comunità musulmana. Ed ogni volta che lo facciamo finisce che ignoriamo cosa ci sta dietro, al dito.
Pure nel nostro tanto evoluto Cristianesimo, il fanatismo ortodossista non ha portato e porta ancora ad altro che atrocità. E se anche fosse come affermava la Fallaci, che non può esserci un Islam moderato, esistono di certo i musulmani intelligenti, dotati di senso di umanità.
I terroristi omicidi di questa notte non sono un prodotto dell'Islam, ma di qualcosa di più insano, cancerogeno, da un sentimento disumano che si alimenta nell'odio, nella miseria, nell'ignoranza, "nel sonno della ragione".
Esseri umani vittime di un processo di disumanizzazione, soggetti tramutati in oggetti, in armi.

Leggo le reazioni mosse dal terrore della nostra comunità con preoccupazione, lo scopo del terrorismo è esattamente questo, quello di destabilizzare l'esistenza con la paura.
Mi riferisco ai pensieri della gente comune, lo sciacallaggio politico non merita proprio alcun commento.

Premesso che, parere mio ma credo di tutti, controlli più rigidi al processo di immigrazione sono necessari, chiudere le frontiere interne all'UE e destrutturare ciò che l'Occidente sarebbe ammettere la sconfitta, oltre che inutile.
Inutile poiché i Foreign Fighter che agiscono all'interno dei confini europei sono giovani comunitari, sono francesi, italiani, tedeschi, conoscono la lingua, conoscono la pianta delle nostre città, hanno contatti, complici, qualcuno rifornisce armi e mezzi. Sono spesso ventenni appartenenti alla seconda generazione di immigrati, apparentemente integrati. Apparentemente, in una società, la nostra, che coltiva ancora il razzismo.

Voler realmente massacrare intere comunità, interi popoli, invece che pianificare azioni coordinate, sarebbe invece il primo passo verso il baratro, oltre che perpetrare noi stessi un genocidio, che condanniamo.
L'Isis non è la Siria, nè l'Iraq o l'Afghanistan, ma da esse attinge i miliziani, gli stessi giovani che oltre a scrivere "uccidiamoli tutti" su facebook, invece di tornare alle proprie cazzate imbracciano realmente i kalashnikov. E si offrono al lavaggio del cervello con una marea di stronzate disumane.
È un atto di guerra, ma una guerra che non possiamo vincere con le sole armi convenzionali.
Bombardare a tappeto il medioriente è fare quello che abbiamo fatto fino ad adesso: alimentare l'odio dei nostri confronti, offrire martiri, spingere i figli a vendicare i padri. La violenza crea solo altra violenza.
E per ultima, l'Isis non è un'organizzaione criminale per la quale se tagli la testa poi il corpo muore. Per distruggerla è necessario riflettere su cosa spinge la gente a voler sacrificare la propria vita per una causa sanguinaria, su cosa si appoggiare il lavaggio del cervello che essa subisce. Che sia la miseria, le differenze sociali, la guerra che noi abbiamo da sempre fomentato in Medioriente, o altro.

"Il sonno della ragione genera mostri" è una citazione, nonché titolo, di in un'opera del pittore Francisco Goya. Ripresa poi dall'italiano Gottuso in merito alla strage di Piazza Fontana. E in questi casi, secondo me, è la summa massima, l'unico commento che si può accostare al silenzio.
È l'unica spiegazione che riesco a darmi ad eventi di tale atrocità, anche dopo parecchie ore passate a riflettere. Nonché un monito, per noi.

Questo è ciò che penso io.