Armarsi di pazienza e tanto, tanto ferro

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    CITAZIONE
    Luogo: Kumogakure no Sato; forgia privata e laboratorio dei Miura (all'interno del villaggio, facilmente reperibile)
    Intromissioni: si

    Se c'era un solo dettaglio che innervosiva un po' Rogen, anzi più che altro lo annoiava da morire, era il fatto che tra prigionia e nonna un po' dispettosa, Rogen aveva perso tutto l'armamentario che si era organizzato e preparato fin dalla tenera età, compresa la sua prima katana, forgiata con tanto amore eppure rubata dalla furia omicida della nonna. A malincuore, tra l'altro, guardando le sue tasche si era riscoperto irrimediabilmente povero, e mai sarebbe andato dai suoi genitori a elemosinare qualche spicciolo, specialmente considerato il fatto che almeno la materia grezza e gli attrezzi per lavorare gli erano stati lasciati.

    «E sia nonnina... faremo a modo tuo. Però stavolta userò il tuo martello preferito.»

    Da una parte agiva in quella maniera per prendersi una piccola rivalsa, dall'altra in realtà provava un sentimento di profondo rispetto, e con quel gesto voleva simbolicamente imprimere la forza letale di Mochizuki dentro le sue piccole opere di distruzione.
    Ovviamente però non sarebbe bastato il martello, né le pinze, né l'incudine. C'era un forno da scaldare, dei pezzi di ferro grezzi da portare a temperatura, c'era la mistura d'alghe da preparare per temprare meglio il filo, e la pozza d'acqua e quella d'olio per fortificare il nucleo delle armi, e c'erano da sopportare calore e ore di lavoro, usando vestiti idonei perché se si fosse bruciato o rovinato quelli che portava in quel momento ne sarebbe rimasto alquanto contrariato.
    E così iniziò dai primi blocchi, con l'intenzione di fare i kunai, perché quelli per quanto piccoli avrebbero preso la maggior parte del tempo per essere fatti a dovere, a maggior ragione che voleva qualcosa che funzionasse e veicolasse il suo magnetismo. Data la prima scaldata, e resi rossi i pezzi di ferro, iniziò con le prime battiture, appiattendo i blocchi e rendendoli dapprima squadrati, poi più rettangolari. Si dedicò a un kunai per volta, perché doveva sempre tenere la temperatura in controllo, e quando il rettangolo era lungo il giusto, mise il pezzo a scaldare ancora una volta, agganciandolo a un'asta in ferro in maniera che le due parti si sciogliessero e si unissero: con quel pezzo lungo di ferro, poté avvicinare la sua grezza opera a una pressa speciale, sagomata a rombo, che serviva per dare la prima bozza della forma tipica dei kunai. Lavorato alla pressa, il kunai veniva battuto a ritmi regolari ed uguali, per mantenere la simmetria, e quando la forma sembrava aver raggiunto quella desiderata, allora a quel punto si avvicinava alla mola, e girava la lama su una pietra a grana grossa, in modo da sgrezzare il filo fino alla misura desiderata, e dopo si spostò a una seconda mola, con una pietra che aveva una grana più fine, e rese il filo ancora più definito, specie in punta. Arrivato a questo punto del processo, rimise il kunai astato nella forgia, mantenendo il flusso del fuoco sulla base, poi mosse l'asta a un secondo stampo, stavolta pienamente circolare, e con esso definì il manico. Arroventò una terza l'arma, schiacciando la parte finale, e una quarta volta per poi poggiare il termine simil rotondo su una punta in ferro: con un paio di martellate precisi, creò un foro all'interno, che alla fine sembravano aver dato tutte le forme al kunai. Infiammata l'asta in punta, essa venne staccata, e il kunai fu buttato nell'acqua salmastra per farlo temprare. Poi, fu ripreso, gli fu raffinato con la mola l'estremità che aveva residui di asta, spalmò la mistura d'alghe e carbone sulle parti in filo, diede un'ultima scaldata nel forno e poi poggiò il kunai tramite le pinze prima nell'olio e poi nel fuoco. Rimosse la mistura, lo lasciò raffreddare, poi lo posizionò sopra un panno che aveva sul tavolo e poggio vicinò il kunai una striscia rossa lunga di tessuto, ovvero l'impugnatura che avrebbe aiutato la presa dell'arma.
    Ripeté il processo nove volte, e soddisfatto alla larga dal suo lavoro, si concesse qualche minuto di pausa, prima di rifinire i kunai con le strisce di stoffa rossa.
    Quando arrivò a dover fare gli shuriken, riscaldò il metallo a sufficienza , e prendendolo con le pinze, sgrezzò le parti in maniera che generassero quattro rettangoli più o meno precisi. Sfruttando la stessa pressa usata per i kunai, ma rimpicciolendone il buco tramite un sistema di leve, diede la forma a tutti e quattro i lati della stella, dopodiché si impegnò a rifinire e riforgiare prima con il fuoco, poi con la mola, terminando il lavoro con un'ultima arroventatura atta a rendere il centro adatto all'ultima martellata precisa sullo spuntone, quello che avrebbe creato il buco centrale tipico dello shuriken. Anche qui il processo fu ripetuto altre nove volte, per un totale di dieci shuriken, e quando si ritenne soddisfatto dell'operato, passò a un altro macchinario, lasciando che stavolta il metallo in preparazione arrivasse a superare la temperatura di fusione. Tale metallo, posto all'interno di una piccola caldera in ghisa, quando raggiunse uno stato semiliquido fu versato all'interno del macchinario, che tramite un meccanismo a girare iniziò a far filare il metallo, raffreddandolo al contempo e dandogli una forma sottile e allungata.
    Sistemato poi nella parte finale un regolatore di diametro, il filo che vi passò si rimpicciolì di molto. A turno, Rogen fece fuoriuscire un po' di filamento indurito e lo tagliò, a livello regolare, formando dieci spiedi grezzi che si impegnò alla fine di tutto a passare prima in un forno minore per qualche mandata, temprando il metallo, per poi passarli tanto a mola quanto a carta vetrata sulle estremità, in modo da creare le punte. E a questo punto ebbe pronto anche dieci spiedi, freschi freschi di forgiatura. Non lasciò riposare il macchinario comunque, in quanto non aveva finito il materiale da lavorare. Finiti i dieci spiedi, allargò i buchi all'interno del macchinario stesso, lasciando che fuoriuscissero pezzi di diametro maggiore, quasi pari alla dimensione della punta di un dito, e staccò i pezzi tozzi. Tali pezzi, in tutto quaranta, furono presi con le pinze, arroventati e battuti, temprati e sistemati, e quando avevano preso la forma di chiodi con una buona punta, scaldò le teste e le saldò, portando a compimento anche i makibishi. Una volta freddi li posizionò vicino al resto dell'armamentario già fatto, diviso in una sua categoria e in una sua tasca.
    L'ultimo lavoro di ferro che gli serviva lo fece con altri blocchetti di ferro, scaldati e arroventati direttamente nella forgia, e poi battuti a formare piccoli pezzi triangolari con una leggera rientranza posteriore romboidale. Dieci furono così le teste di freccia che, dopo il processo di temperamento e rafforzamento, furono tutte quante puntellate con un colpo secco di martello e un chiodo nel suo posteriore, per creare l'alloggio adatto all'animo di legno delle frecce. Quando anche questa fu fatta, spense il forno, fece arieggiare la forgia e incominciò a montare e incoccare le frecce, usando piume di falco che sua nonna conservava gelosamente.
    Finito di preparare anche le frecce, rendendosi stupidamente conto solo più tardi di non avere né un arco a disposizione né il materiale utile per fabbricarselo, andò bofonchiando al suo laboratorio, quello con le polveri sensibili e artificiali, e dividendo la postazione in tre spazi, con tre gruppi diversi di contenitori e materiali, adagiò un fazzoletto al centro delle tre postazioni e iniziò a maneggiare le polveri.
    Per la prima postazione miscelò una polvere bianca fine a una polvere grigia chiara, dopodiché dentro piccole sferette di carta infilò una piccola porzione di polvere gialla, per poi spruzzare uno stabilizzante che impedisse alla reazione di innescarsi subito. Misurando le quantità delle polveri bianche e grigie chiare, quando era sicuro di avere un quantitativo miscelato pari per le dieci sfere di carta, piegò il fazzoletto, lo mise ad angolo e poi inserì i contenuti in ogni sfera, chiudendo in maniera repentina la sfera. A fare questo, aveva preparato dieci sfere di luce.
    Poi fu la volta dei fumogeni, preparati con polveri grigie e nere infilate in due scomparti precisi e separati di bombolette a forma di piccola lattina. Il processo qui fu più rapido e facile, e anche qui produsse un utile quantificabile in dieci unità.
    Alla fine, per l'ultimo prodotto, tagliò delle strisce di carta rettangolare da un grande rotolo già segnato e inciso, ma inerme: per rendere efficace la formula con quelle carte bomba, bisognava trattare la carta con una mistura precisa che veniva assorbita dalla carta stessa, e quando aveva finito questa modalità, Rogen si premurava di contornare con del nastro rosso adesivo le carte bomba, una misura cautelare che permettesse alle carte bomba di non detonare a caso reagendo alla prima emissione anche involontaria di chakra.
    Nel preparare le ultime dieci carte bomba, e nel vedere il rotolo inerme con le formule scritte, provò invida per quegli shinobi che erano in grado di procurarsi materiale esplosivo con più facilità, se non addirittura con tecniche dirette. Ma lui, da comune mortale, era costretto a lavorare di mano e olio di gomito, e quando aveva finito di prepararsi tutta la sua roba, la giornata fu del tutto consumata, in quanto fuori dalla forgia laboratorio si intravedeva già la luna alta in cielo
    Creazione del seguente materiale

    Nome: Kunai x10 [Non-Consumabili]
    Nome Originale: Kunai - 苦無
    Prezzo: 500 Ryo
    Piccoli pugnali a doppia lama con al termine del manico un anello metallico. Vengono utilizzati per il combattimento corpo a corpo o come arma da lancio.

    Nome: Shuriken x10 [Non-Consumabili]
    Nome Originale: Shuriken - 手裏剣
    Prezzo: 500 Ryo
    Piccole armi da lancio a forma di stella, presentano quattro estremità affilate ed un foro centrale che permette di maneggiarli agevolmente.

    Nome: Spiedi x10 [Non-Consumabili]
    Nome Originale: Senbon - 千本
    Prezzo: 500 Ryo
    Sottili bastoncini di metallo, con entrambe le punte affilate. Non sono considerate armi letali ma sono in grado di colpire in profondità e con estrema precisione.

    Nome: Carte Bomba x10 [Consumabili]
    Nome Originale: Kibaku Fuda - 起爆札
    Prezzo: 800 Ryo
    Piccoli fogli sui quali è incisa una formula di sigillo in grado di esplodere quando entra in contatto con un oggetto estraneo o se attivata dal Chakra.

    Nome: Makibishi x10 [Non-Consumabili]
    Nome Originale: Makibishi - まきびし
    Prezzo: 300 Ryo
    Piccole stelle metalliche a quattro punte, utilizzate per impedire la fuga o rallentare l'avversario durante un possibile inseguimento.

    Nome: Frecce x10 [Consumabili]
    Nome Originale: Yumiya - 弓矢
    Prezzo: 300 Ryo
    Sottile arma da getto, destinata al lancio tramite un arco e costruita in legno, con la punta in acciaio spesso seghettata ed uncinata.

    Nome: Sfere di Luce [Consumabili]
    Nome Originale: Hikaridama - 光玉
    Prezzo: 500 Ryo
    Piccole sfere di carta contenenti una polvere che reagisce a contatto con l'atmosfera, rilasciando un forte bagliore in grado di accecare momentaneamente l'avversario.

    Nome: Fumogeni [Consumabili]
    Nome Originale: Kemuridama - 煙玉
    Prezzo: 500 Ryo
    Piccole dispositivi contenenti una polvere che reagisce a contatto con l'atmosfera, rilasciando una coltre di fumo in grado di oscurare la visuale dell'avversario.
     
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    Materiale consumato nelle ultime missioni (aggiornato al 22/10/2021)

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    - 2 Fumogeni



    «Morta...»
    Rogen era pensieroso, mentre faceva l'inventario di ciò che aveva consumato nelle ultime missioni, e per quanto avesse perso poco e gestito abbastanza bene le sue risorse, non riusciva a togliersi dalla testa tutto il resto che si era portato via dalle sue prime avventure shinobi. Rabbia, rancore, mestizia, forse persino un po' di umanità lo aveva scalfito. Ma soprattutto un senso di incompiuto che lo tormentava e lo affliggeva, proprio quando versando per sbaglio la quantità errata di polvere pirica, il preparato per la bomba luce esplose preventivamente e per poco non lo accecò.
    «Porc... fanculo. Ombra di merda.»
    Il dolore agli occhi gli ricordò le iridi rosse possedute dal figlio della vecchia e dalla vecchia stessa, lo stesso colore portato dai globi rossi fluttuanti che gli parlarono e quasi provarono a soggiogarlo. Rimase fermo a pensare, a considerare l'amuleto distrutto, l'entità che lo possedeva e che forse aveva posseduto tutto il ramo familiare di coloro che tenevano a bada quel mostro. Che con la distruzione di quell'oggetto avesse decretato la morte della vecchia? Era forse quello il motivo per la quale l'anziana signora non poteva intervenire di persona? Perché il mostro le avrebbe impedito di compiere il suo dovere, o perché nel compierlo avrebbe comunque rischiato di lasciare suo figlio in vita, alla mercé di quella creatura?
    Tante domande al quale non poteva rispondere, e lui di carattere odiava porsi domande, fare introspezione, lasciare qualcosa a metà. Riprese lentamente possesso della vista, ma per evitare di fare altri danni a causa del sovrappensiero, pensò a preparare le carte bomba, per formularle e renderle efficienti nel combattimento attivo, e quando arrivò alla quota giusta di dieci, con i pensieri ormai più pacati e la volontà di concentrarsi per bene solo sul suo lavoro, riprese a maneggiare le polveri esplosive e a dosarne le parti nei vari composti, per fare in numero di due rispettivamente fumogeni e bombe luce. Grazie a quelle, sentiva e sapeva di avere il minimo sufficiente per non sentirsi appesantito e non rimanere comunque sguarnito, ma nel sistemare le sue armi nei giusti scomparti, il suo pensiero si rivolse alle ombre, alle promesse di potere che avevano mietuto già due vittime e a una forza che lui ancora non aveva, e non sapeva ancora se la bramava o meno.
    «Al diavolo i falchi, le ombre, le illusioni e le apparenze. Troverò la mia via e la mia forza quando sarà il momento, e quel giorno il filo della mia lama taglierà tutto.
    Soprattutto quei maledetti falchi di merda.»


    Creazione del seguente Materiale (scorte ripristinate il 22/10/2021)

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    Materiale consumato nelle ultime missioni (aggiornato al 04/02/2022)

    - 6 Carte Bomba
    - 2 Fumogeni



    Rogen sentiva ancora debolezza nel petto, un affaticamento che ancora lo spingeva a tossire e a respirare non totalmente bene. Il peggio era passato, gliel'aveva detto anche il medico, ma stare allettato per mesi fu una tortura immane, specialmente considerando quanto aveva perso e quanto aveva ritardato. Non era ancora in forma totale, e il dubbio di poter avere una ricaduta era forte, ma non ne poteva più di stare fermo e di essere succube.
    In qualche modo avrebbe trovato una soluzione consona a quel disagio, a quello svantaggio, semplicemente non doveva né trascurarlo né prenderlo sotto gamba, anche perché al di là delle condizioni di salute, non poteva permettersi di rischiare ancora una volta di mettere a repentaglio la missione, la sua vita e quella dei suoi committenti. La sua fortuna era stata determinata dal fatto che aveva trovato di fronte a sé avversari piuttosto deboli, persone che chiunque con un po' di esperienza e armamento potevano gestire anche meglio di lui, ma non poteva affidare la sua carriera alla fortuna o alla sfortuna. Doveva esserci metodo, e doveva dare ascolto al proprio corpo e ai propri limiti.
    Per tornare in comunione con sé, pertanto, nulla era più utile, rilassante e soprattutto non introspettivo come lavorare nella sua officina: l'attenzione che doveva porre nel fabbricare i suoi strumenti di "lavoro" doveva essere assoluta, e ciò non solo impegnava la mente, ma forniva anche di nuovo la giusta manualità, la giusta precisione; le formule per creare le carte bomba erano semplici, ma richiedevano una grafia pulita e precisa, e per quanto riguardava la mistura di polveri per i fumogeni, doveva controllare la giusta proporzione, altrimenti avrebbe reso inefficiente lo strumento, o peggio avrebbe potuto essere dannoso per sé stesso.
    Oltretutto gli piaceva essere preciso nella quantità di oggetti da portare con sé, e riportava metodicamente quanti oggetti avesse utilizzato, quanti di essi necessitavano di revisione o di nuovo rifornimento: con tali pensieri in mente, avendo consumato sei carte bomba e due fumogeni lavorò per ristabilire in pari quel numero. Terminato il suo lavoro, concesse al suo corpo di rilassarsi e a un colpo di tosse di manifestarsi, e contento di non essersi dimenticato come si lavorava, pose i rifornimenti nell'inventario e se ne tornò a casa.
    Non un pensiero fu rivolto ai cinque briganti uccisi, e questo perché essi non valsero nulla in confronto al figlio della vecchia. Non sarebbero stati loro a decretare l'inizio del suo percorso, non sarebbero stati loro i primi gradini per l'ascesa alla forza, non sarebbero stati loro la dimostrazione del fatto che fosse forte e non avesse bisogno dell'Ombra.





    Creazione del seguente Materiale (scorte ripristinate il 04/02/2022)

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