Satomi e la sua passione

per jashin

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    Il sennin dei genin

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    CITAZIONE
    Avventura ambientata nel passato per comprendere la motivazione attraverso la quale Satomi ha scelto di seguire il culto di Jashin.
    Sarà una multi-role


    Satomi Habana 名前 Pg




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    Nome: Satomi Habana | Clan: / | Villaggio: Iwa | Grado: Genin


    Narrato - Pensato - Parlato
    Satomi -8 anni
    La città, come tutte le altre, si stava rialzando dalla forte crisi causata dalla nebbia viola che ha decimato la popolazione e distrutto tutti i campi di vegetazione che gli agricoltori, con molta fatica, cercavano di recuperare nel minor tempo possibile facendo fronte all'arido terreno del paese. Il cibo scarseggiava e, di conseguenza, il suo prezzo aumentava sempre di più rendendo le persone, nel tempo, povere ed infelici. Non c'era una guida a consigliare o a placare gli animi più preoccupati ed irrequieti, ma un consiglio di Shinobi anziani che dava un sussidio, a volte non sufficiente, alle famiglie in difficoltà.
    Le mamme di Satomi, all'epoca una bambina felice e spensierata come le altre ragazzine della sua età, erano benestanti. Ovviamente la crisi colpí anche loro, fortunatamente -peró- non entrarono in uno stato di povertà riuscendo a sopravvivere alla situazione con pochi problemi economici.
    Una delle due era un medico le cui capacità erano sempre più richieste dall'ospedale -sia per lo studio della nebbia viola per prevenirne un secondo arrivo, sia per la moltitudine di persone che si malmenavano tra di loro per pochi spicci- portandola a stare intere giornate fuori casa, stremata.
    I genitori ebbero una crisi relazionale legato a questo fatto, non sembravano più una famiglia felice, ma la compagna si sentiva una mamma abbandonata con la propria figlia della quale occuparsi da sola. I litigi erano all'ordine del giorno, anche se sarebbe meglio dire all'ordine della notte, dato l'orario tardío con il quale rientrava il medico. La piccola Habana poteva sentire ciò che si dicevano dato che le loro stanze erano adiacenti e separate da un sottile muro, si sfogava nel pianto all'interno della sua camera buia mentre copriva tutto il suo corpo e la testa con le coperte come per simulare il calore dell'abbraccio di qualcuno a lei cara e per sentire le voci urlanti più lieve, quasi impercettibili.
    Inizialmente non capiva cosa stesse succedendo -aveva solo 8 anni, quale bambino sarebbe in grado di farlo?- le mamme hanno sempre avuto un bellissimo rapporto tra di loro di sostegno e di amore che hanno poi trasmesso anche alla figlia. Le sue frustrazioni nel non capire la particolare situazione famigliare venivano assorbite dal caldo e soffice manto di Coco, la sua cagnolina di taglia media a pelo lungo che presero in un canile 5 anni prima alla quale Satomi era affezionata. Molte volte faceva il giro della casa portando la piccolina con orgoglio, come se fosse la sua bambina della quale occuparsi, faceva la mamma come le sue facevano con lei, la lavava, le dava da mangiare, la spazzolava e, talvolta, ci litigava quando compieva un'azione non gradita.
    Rimane nel limbo dell'ignoranza per vario tempo e la frustrazione si accentuava sempre di più iniziando a vedere solo l'oscurità attorno a lei, facendola spaventare.
    La famiglia era, è, e sarà il suo tutto[...]






    Edited by Ayako - 7/4/2023, 02:45
     
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    Satomi -9 anni
    La situazione non migliorò rispetto all’anno precedente, anzi, l’oscurità che avvolgeva Satomi si faceva sempre più buia che, spaventata, iniziava a chiudersi sempre di più in sè stessa prediligendo la solitudine che la compagnia, fatta eccezione per choco i cui sentimenti non mutarono. Questa percezione non c’è l’aveva, purtroppo, nei confronti delle due mamme, le quali, da qualche mese a quella parte, si stavano concentrando sul loro rapporto che si stava sgretolando e su come fare per mantenerlo. Avevano capito che i litigi casalinghi potevano avere un impatto negativo su Satomi e che, quindi -sia per amore della compagna che per quello per Satomi- cercavano di risolvere le problematiche in maniera civile al fine di ritornare l’allegria famiglia di un tempo.
    Uno degli errori commessi fu, però, la mancata comunicazione con la piccola, la quale continuò a pensare che nessuno le volesse bene e di essere messa in disparte da colore che amava di più. Non proprio il migliore dei pensieri per una bambina di 9 anni che iniziò a passare sempre più tempo tra le 4 mura della sua calda cambretta che le dava un senso di protezione mentre dei muri emotivi iniziavano ad erigersi sempre più attorno al cuore della bambina.
    Tali muri avevano una doppia funziona: la prima era quella di bloccare parte dei sentimenti in entrata (sia positivi che negativi), la seconda era quella di bloccare parte dei sentimenti in uscita e questa la portò a non sapere come dimostrare le proprie emozioni.
    Questa situazione andò avanti per parecchio tempo [...]




     
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    Satomi -9 anni e mezzo
    La goccia che fece traboccare il vaso purtroppo arrivò. Choco, la sua piccola amata la quale era stata vicina alla ragazza dimostrandole affetto tramite un amore puro è incondizionato, si ammalò. Satomi, in parte, era triste -“in parte” perché i muri emotivi bloccavano una parte delle emozioni negative provate in quel momento-.
    Da lì a pochi giorni la famiglia Habana si trovò in piedi davanti ad un tavolo di legno posto al centro della vasta cucina abitabile della loro casa con la piccola pelosetta sdraiata sul fianco, destro sul medesimo tavolo, con un respiro affannoso mentre il veterinario cercava di curare quell’insolita malattia non ancora riconosciuta. Nonostante le amorevoli cure delle 3, la piccola choco perí dopo un lungo sospiro, lasciando il suo corpo inerme mentre la sua anima pura e leggera ascese fino in paradiso dove la malattia non la poteva seguire e dove poteva correre per tutti i prati dell’aldilà ove avrebbe atteso le sue padrone in attesa di ripetere la famiglia felice fino alla fine dei tempi.
    Se da una parte vi era Choco in attesa, dall’altra vi era la famiglia distrutta dalla perdita. Molte persone dicono di non affezionarsi agli animali ed hanno ragione, rispetto agli umani vivono molto di meno, ma sono in grado di darti un livello di amore al di fuori di qualsiasi persona che si incontri nella vita, volente o no diventeranno parte della famiglia e te ne affezioni. E così fece Satomi, vide nella cagnolina una sorellina mai nata, ma scelta. Alla sua morte la piccola sentì come uno strappo al proprio cuore, come se qualcosa si fosse rotto e da quel giorno non fu più la stessa, da quel momento avrebbe vissuto la propria vita pensando che ognuno fosse in grado di farle del male e di abbandonarla.
    In quel momento era come se si trovasse in equilibrio su di una corda in una stanza come due uscite: la prima era posta sul soffitto (difficile da raggiungere ma non impossibile) con un bagliore derivante da essa, come ad indicare la luce, l’altra era posta nel pavimento nel bel mezzo di una nube nera. Una bella metafora per far comprendere al meglio la situazione mentale della pallida, bastava un minimo evento negativo per farla precipitare nel baratro ed un grosso impegno e sforzo per portarla alla luce [...]




     
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    Satomi -10 anni
    Il pallore del suo viso accompagnava il colore della luna in quella fredda notte ad iwa. Le rocce del villaggio trattenevano il calore emanato dai raggi solari durante la giornata, ma non era abbastanza per contrastare la bassa temperatura serale.
    Freddo e caldo, due forze opposte sempre in contrasto per cercare di prevalere, ma nessuna può vivere senza l’altra, come il bene ed il male.
    Così come nel villaggio c’era la lotta tra caldo e freddo, nel cervello e nel cuore di Satomi si stava combattendo un’altra battaglia dove l’oscurità -a discapito della luce- stava prendendo sempre di più il sopravvento.
    Di tanto in tanto del vento gelido soffiava tra le vie della città spostando leggermente i capelli argentei della ragazza posta in piedi sulla struttura più elevata. Da lì poteva scrutare tutto il povero paesaggio, privo di vegetazione; una landa desolata dove la vita di madre natura faceva fatica a nascere. In pochi comprendevano del tutto la solitudine che portava una vista del genere, quella sensazione di vuoto nel cuore che faceva sentire il corpo leggero come una piuma. Sentiva che qualcosa mancava nella sua vita, ma quel sentimento negativo -paradossalmente- la faceva star meglio e si sentiva completa.
    Passarono secondi, che divennero minuti ed infine ore. Rimane immobile con lo sguardo verso il vasto orizzonte, ammirando il nulla fino a quando il sole, egoisticamente, prese il posto della cara luna iniziando la propria ascesa verso il punto più alto di quel giorno nuvoloso. La cara amica bianca fu oscurata dalla luce e svanì sotto la vista di tutti, mentre le rocce -divenute ormai fredde- si iniziarono nuovamente a scaldare ricominciando la battaglia.
    “La notte porta consiglio”. È una frase che molte volte si è sentito citare, pure Satomi. Per molte persone si trattava solamente di una frase fatta, nulla di concreto o veritiero, ma con la piccola ha funzionato che, nonostante la sua giovane età, sentiva il bisogno di cambiare, qualcosa all’interno stava mutando e, di conseguenza, doveva farlo pure lei. Scese dal suo momentaneo trono per poi poggiare i piedi a terra ed iniziare la sua camminata verso l’ignoto.
    Passò davanti alla taverna dalla quale uscivano i classici schiamazzi e canti dei soliti ubriachi, ma, quella volta, un rumore ancora più forte catturò la sua attenzione. Da oltre la porta udì le voci farsi sempre più alte per poi zittirsi subito dopo il rumore di vetro rotto, causato dal lancio di un bicchiere contro un individuo che aveva bevuto e infastidito un po’ troppo. La porta si aprì e, dalla stessa uscì uno strambo individuo con un coltello da cucina piantato nel cuore, sangue che sgorgava dalla tempia (dove era stato colpito dal bicchiere). Il viso di quell’uomo non era spaventato e neanche preoccupato, sembrava sollevato con quel ghigno sinistro su un volto con un teschio bianco disegnato sopra e la pelle nera.
    Se pensate di uccidermi Jashin mi salverà, se pensare di farmi del male Jashin mi aiuterà, se pensate di farmi del male Jashin mi darà piacere
    Quella sarebbe stata la prima delle innumerevoli volte in cui quel nome le sarebbe stato presente nella testa.
    Dopo quella frase svanì in una nuvola di fumo bianco poco prima che il locandiere uscisse con una mazza chioda salda in ambe le mani. Si trattava di un ormone grande e grosso, alto circa 2 metri e con una muscolatura molto robusta. Ai piedi delle scarpe molto trasandate, quasi rotte, di color cuoio, mentre le gambe erano coperte da dei pantaloni pieni di chiazze di olio e resti di cibo di cui la maggior parte veniva coperti da un grembiule bianco che ne proteggeva anche il petto sul quale poggiava una maglietta rattoppata su svariati punti con pezze di diversi colori, nero, bianco, blu... chi più ne ha più ne metta. Il suo sguardo metteva paura, ma si trattava -in realtà- di un uomo dall’animo pure il quale pochissime volte usciva fuori di se e quello era uno di quei momenti.
    Durante questo casino Satomi era immobile, incapace di muoversi nonostante volesse scappare, la paura aveva bloccato le sue gambe e lo sguardo spaventato era fisso sul gigante che -dopo qualche istante- la vide.
    Ehi piccolina, tutto bene?
    Chiese l’omone mentre lentamente le si avvicinava. Una volta davanti a lei si piegò sulle ginocchia, ed anche in quel caso era più alto della ragazza. Poggiò la mazza a terra e con la mano -grande quanto la faccia della bianca- le accarezzò il viso dandole una sensazione di pace e serenità ma, allo stesso tempo, dì inquietudine
    AMORE! VIENI!
    Urlò, per poi avvicinare la bocca all’orecchio della bambina, bisbigliando
    La chiamo amore anche dopo tanti anni di matrimonio perché non mi ricordo più come si chiama e si tappò la bocca con entrambe le mani ridacchiando da solo mentre Satomi non sapeva più cosa fare, non riusciva nemmeno a pensare a come comportarsi e rimane nuovamente immobile, aspettando che il destino facesse il suo corso mentre il cervello non riusciva ad elaborare nessun pensiero concreto.
    Dopo qualche secondo uscì la moglie che sembrava essere la sorella. Stessa stazza, stessa statura, due giganti buoni che insieme tutti temevano (se non li avrebbero conosciuti). L’unica cosa che differenziava i due erano i capelli, difatti l’uomo non ne aveva, mentre la donna aveva dei lunghi capelli biondi molto sporchi le cui ciocche erano attaccate tra loro dal grasso rilasciato dalla cute
    Dimmi cosa vuoi dalla mia vit.... oh piccolina! Cosa ci fai tutta sola?
    Dobbiamo aiutarla
    Ah si, fortuna che ci sei tu a dirmi le cose, mica lo sapevo. Grazie capitan ovvio
    Ma perché mi tratti sempre male?
    Ma perché sei così stupido?
    In quel momento la mente di Satomi viaggio nell’aria, non sentendo più nulla di quello che le stava succedendo attorno. Quella situazione le aveva ricordato i litigi delle sue mamme sempre meno frequenti ma che ormai l’avevano segnata, d’altronde si da che i bambini sono molto fragili a determinate situazioni. La coppia stava litigando ormai da un pezzo quando la mente dell’Habana tornò alla realtà ed aveva di nuovo il controllo del corpo che, finalmente, riusciva a muovere ed a compiere dei pensieri concreti in modo tale che i trasmettitori dal cervello potevano dare impulsi ai muscoli così da farli contrarre e muovere. I due erano talmente occupati nella loro disputa che non videro la bambina allontanarsi da loro per tornare a casa. Mentre rientrava stava ripensando a tutto quello che fosse successo e si soffermò non tanto sui due giganti che la vollero aiutare, ma sullo strano individuo con il tatuaggio bianco sul volto che aveva detto quello strano nome...
    Jashin, Jashin, Jashin […]




     
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    Nome: Satomi Habana | Clan: / | Villaggio: Iwa | Grado: Genin


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    Satomi -10 anni
    Quel nome echeggiò nella sua mente per un paio di giorni, come se quel dio sinistro fosse già entrato nel suo cervello e nella sua vita. Curiosa -d’altronde come tutti i bambini- chiese informazioni alle madri in merito a quel nome udito le quali chiusero la conversazione con il classico “sei troppo piccola”. Come i neonati sono attratti da tutto ciò che non possono avere, Satomi bramava la conoscenza di quel nome a causa della sua curiosità ed il perché non era adatto a persone piccole.
    Andò nella biblioteca di Iwa passando per vie non del tutto sicuro e tranquille, vide barboni in mezzo alla strada con le bottiglie di sakè salude in mano dentro un sacchetto di carta, mendicanti in rovina obbligati a dormire per strada che avrebbero fatto di tutto pur di ricevere qualche decisa di Ryo. Con l’angoscia in gola raggiunse la sua metà andando subito alla ricerca di quel nome, data la reazione dei genitori decise di non chiedere informazioni alla bibliotecaria, temendo una risposta negativa, e fece tutto da sola. Trovò una pergamena con incisi i kanji dal significato di “Jashin, trasforma le tue debolezze nella tua forza”. La prese e la srotolò, andandola a posare in un tavolo posto all’angolo ove nessuno poteva notarla. Iniziò a leggere quello che vi era scritto

    Ormai la sofferenza fa parte del nostro mondo da quando fu creato.
    Molte persone non riescono a sopportarla e finiscono per compiere azioni sconsiderate quali suicidi oppure omicidi dovuti alla repressione che varie situazioni causa loro.
    Ma in tutto ciò vi sono due soluzioni: cambiare il mondo o cambiare se stessi. Qual è la più semplice delle due?
    L’amato dio Jashin ci aiuta a compiere la più facile delle opzioni, la seconda. Tramite i suoi insegnamenti si è in grado di trasformare i dispiaceri i piaceri, il dolore in piacere, l’angoscia in piacere. Tutto ciò che è negativo nella vita viene visto come positivo.


    Satomi aveva sofferto molto in quell’ultimo periodo, le liti delle madri, la morte della cagnolina, il pensiero di essere stata accantonata da coloro che amava di più e la sensazione di essere abbandonata da colei che reputava come la sua piccola figlia: Choco. La sua mente era ancora facilmente da plagiare per le esperienze che aveva appena superato. Le sembrò come un segno del destino, dopo tutte quelle difficoltà riscontrate nella vita era un caso che avesse incontrato quell’uomo, che avesse avuto curiosità di conoscere quel nome e che avesse trovato proprio quello pergamena che sembrava rispecchiare ciò che le stava succedendo?
    In poco tempo le sue palpebre divennero sempre più pesanti fino a quando non si addormentò. Aprendo gli occhi si trovò in una stanza buia, senza finestre, senza porte, come se attorno a lei vi era solo oscurità. Di cosa si trattava? Forse era un sogno? Forse un visione? Oppure stava semplicemente delirando? Si piegò sulle gambe e le abbracciò poggiando il sedere a terra, era spaventata, anzi, terrorizzata, e non sapeva minimamente come agire
    Una voce oscura ruppe il silenzio tombale mentre l’eco della stessa irradiava tutta la stanza
    Che succede piccola, hai paura? Vedo terrore nei tuoi occhi e molta sofferenza. Hai mai provato a farla divenire il tuo punto di forza? Io, Jashin, ti posso aiutare
    Ancora una volta quel nome, stava veramente sognando? Un sogno simile dopo ciò che lesse poco prima? Ancora una volta pensò ignorantemente in un segno del destino.
    Ti posso donare l’immortalità, ti posso togliere la paura della morte -rendendoti molto più forte della gran parte degli shinobi del mondo ninja-, ti posso insegnare nel trarre piacere dalle esperienze negative, ma tutto sta a te. Hai tempo fino a domani a mezzanotte per portarmi un sacrificio. Impregna sopra il mio nome ed il tuo, io penserò al resto, non preoccuparti
    Così come tutto iniziò -in un battito di ciglia- tutto finì. Fu svegliata dalla bibliotecaria, una signora di una certa età, che la stava punzecchiando con la punta di un bastone
    ragazzina tutto bene
    Satomi si alzò asciugando la bavetta con la manica destra. In fretta e furia l’anziana prese la pergamena ed alzò la voce
    questa non è una lettura adatta per la tua eta! Torna a casa!
    Le ordinò e, spaventata, così fece. Una volta raggiunta la sua abitazione si chiuse in cameretta e lì ci rimase con lo sguardo fisso sul soffitto, cercando di comprendere ciò che successe nel suo sogno/visione/destino. Come faceva quella “cosa” a sapere i pensieri di Satomi, come faceva a conoscerla? Era veramente un dio o uno scherzo di cattivo gusto di qualcuno che voleva entrare nella sua mente?
    Quei pensieri rimbombarono nella sua testa causandole una forte emicrania dovuta al continuo pensare […]




     
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    Nome: Satomi Habana | Clan: / | Villaggio: Iwa | Grado: Genin


    Narrato - Pensato - Parlato
    Passarono diverse ore e Satomi si trovava ancora sdraiata sul letto con i lunghi capelli argentei poggiati sul morbido cuscino e sulla coperta rosa con dei motivi floreali. La sua mente era in continuazione su quell’ambigua situazione creatasi poco prima nella biblioteca. Continuava a chiedersi cosa fosse effettivamente successo, sul come comportarsi. Aveva veramente parlato con un Dio? Perché un Dio -un essere onnipotente e onnipresenze- avrebbe dovuto chiedere un sacrificio? Il tempo scorreva, la clessidra volta al giorno seguente allo scadere della mezzanotte si stava piano piano svuotando e doveva prendere una decisione, a quell’età non era facile, si trattava sempre di far del male a qualcuno, o qualcosa.
    Perde la cognizione del tempo, la fame era svanita, mentre le mamme cenavano lei stava ancora sdraiata a letto rifiutandosi di scendere nel scale per andare in cucina e mangiare con loro. Lo stomaco, di tanto in tanto, brontolava, un suono che non entrava nelle sue orecchie data la sua sconcentrazione nei confronti di tutto ciò che la circondava.
    Le ore successive sembravano un vero e proprio battito di ciglia e, senza accorgersene, si addormentò immersa nei suoi pensieri. Ancora una volta si trovò nella medesima situazione, stessa stanza, stessa oscurità, ma qualcosa cambiò. Non era più spaventata, aveva compreso che all’interno di quel posto vi era una persona non fisica che le parlava, non era volta a farle del male -o così pareva-, dunque non si rannicchiò come precedentemente ma rimase ferma, in piedi, immobile. Di tanto in tanto il suo sguardo si girava, ma nulla poteva vedere. L’eco della voce del dio rimbombò per tutta la stanza
    Ti vedo più tranquilla piccola Satomi
    Come conosci il mio nome?
    Tutta la sua sicurezza svanì nell’udire quella voce cupa, sinistra
    Ti ricordi? Sono un Dio, nulla sfugge ai miei occhi. Quando sei arrivata al mio cospetto avevi paura, io ti ho dato la conoscenza del fatto che non ti farò del male -se avessi voluto l’avrei potuto tranquillamente fare- e la seconda volta che sei qui ti trovi più tranquilla. Vedo dai tuoi occhi che sei leggermente intimorita, ma almeno riesci a muoverti e non ti chiudi più in te stessa stando immobile e rannicchiata. Sbaglio? Questo è quello che faccio, do conoscenza, potere a chi segue il mio culto. Ma ovviamente non lo faccio in cambio del nulla, il pagamento già lo sai. Effettualo ed avremo un’altra conversazione. Per il momento, questo è tutto
    Uno spiraglio di luce bianca si palesò dal nulla andando poi ad ingrandirsi ed a coprire tutta la stanza, Satomi si coprì il viso con il braccio sinistro e subito si svegliò di scatto sotto il suono della sveglia. Erano già le 9 del mattino, il sole puntava i suoi raggi sul viso della bianchina passando attraverso la finestra con le tende spalancate, si era scordata di chiuderle il giorno precedente.
    Le mamme le chiesero di comprare qualcosa al mercato per la cena e così fece, si preparò, prese i ryo dei genitori ed uscì di casa, con l’aria mattutina sperava di schiarirsi le idee. Ancora una volta la sua mente era volta al sogno/visione -ancora non sapeva cosa le stava succedendo- e le sue gambe si muovevano da sole, come se mente e corpo fossero due cose distinte.
    Stava camminando per le strade principali di Iwa ed il chiacchierare della gente non le permetteva di immergersi a pieno nei suoi pensieri, di conseguenza scelse di andare al mercato tramite le vie secondarie; piccole viuzze che, nelle ore notturne, è molto consigliabile evitare, ma nelle ore odierne nulla le poteva accadere... forse
    Si avvicinò un uomo sulla 40ina, barcollava. Indossava per lo più stracci ed una bottiglia di liquore nella mano destra
    Ehi
    Singhiozzò
    Cos’hai lì per me piccola?
    Lentamente andò ad alzare in braccio in direzione della mano sinistra di Satomi che teneva saldo il sacchettino di pelle con all’interno le monete dei genitori. Ancora una volta si paralizzò, le sue gambe non reagivano agli impulsi del cervello, nonostante lei volesse scappare da quella situazione. Una voce pervase la sua mente, la stessa delle visioni
    Non avere paura, indietreggia lentamente, ti aiuterò io
    Era ancora più confusa, era senziente in quel momento, non stava dormendo, era tutto reale tanto quanto quella voce nella testa. Quindi non si trattava tutto di un sogno, veramente un Dio aveva scelto lei, ma perché -tra tutte le ragazzine di Iwa- proprio Satomi?
    Sempre più confusa, con la testa pesante dai mille pensieri, agì senza pensare. Ascoltò Jashin ed indietreggiò
    Se ci sono io, nessuno ti farà del male
    Stranamente si sentiva al sicuro, nessuno le aveva mai detto una cosa del genere e, dato le sue ultime esperienze, era proprio quello che cercava. Protezione da ciò che le stava accadendo attorno e la stava portando ad uno stato semi-depressivo.
    Passo dopo passo si trovò con le spalle al muro mentre l’uomo le si avvicinava sempre di più. Sembrava senza speranza fino a quando un ulteriore individuo -lo stesso che vide fuori dalla taverna e che aveva citato il nome di Jashin- arrivò per decapitare l’individuo con un colpo secco di Katana per poi correre via
    Non permetterò che ti facciano del male. Dimostrati forte, cammina a testa alta, nulla è successo.
    Ancora scioccata dall’avvenimento appena successo si mise nuovamente in cammino, questa volta attraverso le vie principali
    Devi capire, piccola, che questo mondo è pieno di cattiveria, pieno di dolore. Io ti posso insegnare a trasformare il dolore in piacere. Hai visto quell’uomo che ti ha salvata? Lui segue il mio culto, quando lo feriscono lui è felice, quando lui prova un’esperienza negativa è contento. Tutto questo grazie a me
    Piano piano le stava facendo sempre di più il lavaggio del cervello e, data la sua onnipotenza e conoscenza della psiche umana- ci stava riuscendo alla perfezione
    Sai cosa fare
    L’eco svanì e nuovamente udì le voci dei passanti. Si sentiva sola, quando il dio le parlava -invece- non aveva quella sensazione, sembrava completa quando si mettevano in contatto, sintomo che Jashin era riuscito ad insidiarsi nella sua mente e, come una malattia, espandersi per tutto l’organismo. Era sempre più volta nel compiere quel sacrificio e, nel pensarci, fece in tempo a comprare le verdure per la sera e riportarle a casa. […]




     
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