Champions train, losers complain

[Rudimenti di Taijutsu] - Emerella

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    Emerella La gatta dagli occhi di smeraldo




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    Nome: Emerella | Clan: sconosciuto | Villaggio: Kumogakure | Grado: ?


    Narrato - Pensato - Parlato

    La giovane concluse il suo pasto, poi sistemò i piatti con decoro.
    Fissò il proprietario del chiosco e gli rivolse un sorriso di ringraziamento.
    - Era tutto ottimo. Congratulazioni. - mormorò. Come sempre, la cortesia era importante per lei.
    Un debole rossore velò le sue guance. Aveva portato dei soldi, ma le sembrava ridicolo pagare con i proventi dei suoi precedenti furti.
    - La pagherò col mio primo stipendio. Può... Può stare tranquillo. -
    A passo rapido, raggiunse Daisuke e lui le indicò un masso dietro cui cambiarsi.
    Silenziosamente, Emerella lo ringraziò per la sua cortesia, poi prese la sua borsa e fece quanto detto, riponendo l'elegante abito nella stessa. Gli allenamenti cominciavano, ma un ricordo del suo maestro di furto non si doveva rovinare!
    - Sono pronta. - annunciò poi lei. Aveva indossato una maglietta nera, piuttosto lisa sulle maniche, pantaloncini di jeans e sandali blu.
    Lui, senza una parola, le ordinò di portarsi con le spalle a mezzo metro dalla parete rocciosa, poi, con un pugno, colpì il masso.
    Decine di crepe apparvero su di esso, poi si sbriciolò in centinaia di pezzi più piccoli.
    Avrò quella forza., pensò lei. La strada era impervia, ma il suo ideale l'avrebbe sostenuta.
    Lui le spiegò che voleva metterla alla prova con le schivate. Del resto, nei furti il suo punto di forza era l'agilità.
    - Va bene. Sono pronta. - affermò, lo sguardo attento, determinato.
    Poco dopo, il giovane uomo cominciò a lanciare le pietre contro Emerella.
    Lei cominciò a balzare ora a destra, ora a sinistra, senza allontanare lo sguardo dai movimenti di lui. L'esperienza le aveva insegnato che, in combattimento, l'attenzione era indispensabile e le avrebbe permesso di cogliere dettagli particolari.
    Il respiro, ben presto, cominciò ad accelerare, ma lei non si fermò. Doveva continuare a reagire e a contrattaccare.
    Tuttavia, una pietra, non intercettata, la colpì al polso destro.
    Il dolore, pur modesto, si irradiò lungo l'arto. La stanchezza l'aveva colta in fallo, ma non doveva arrendersi.
    Il disonore non era contemplato.
    Continuò a saltare, schivando le altre pietre con l'agilità di una gatta. Le prove sarebbero state ben più dure.







    Edited by Noroella - 15/4/2023, 23:46
     
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    Iniziai a lanciare le prime pietruzze in sua direzione, osservando come il suo sguardo riuscisse a seguire attentamente le traiettorie di ogni proiettile, lanciatole contro o – in alcuni casi – nei punti ove si sarebbe trovata, in seguito ad una precedente evasione. Il ritmo che la ragazza andò a sostenere era quello di un comune genin, né più né meno, dunque si poteva dire che quello – a conti fatti – non era che un breve riscaldamento per la mora. Aumentai (seppur di poco) il ritmo e, sebbene notai come il suo sguardo continuasse a star dietro alle varie traiettorie, un colpo la colpì al polso.
    Ha dei buoni riflessi, superiori ai normali genin, ma il suo corpo non riesce a stare al passo del suo sguardo.
    Pensai fra me e me, tornando a lanciare proiettili a velocità normale, notando come sul suo volto non fosse apparsa alcuna smorfia di dolore e come – sul polso – non vi fosse alcun ematoma. Interruppi i tiri, facendole segno di avvicinarsi a me, così da farmi dare un'occhiata all'avambraccio: nulla.
    Interessante, a quanto pare hai una buona resistenza ai colpi...
    Commentai, con espressione pensierosa, mentre un'idea iniziò a balenarmi nella tempesta di pensieri, all'interno della mia mente.
    ...anziché schivarli, ora li andrai a compire: li lancerò a brevi distanze da te, così che tu possa intercettarli e pararli.
    Le lasciai il tempo di riprendere fiato, mentre se ne tornava nello stesso punto di prima e – non appena mi diede il segnale – avrei ripreso a lanciare i sassi di piccole dimensioni, stavolta con l'intenzione opposta: quella di non prenderla.
     
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    Nome: Emerella | Clan: sconosciuto | Villaggio: Kumogakure | Grado: ?


    Narrato - Pensato - Parlato

    Nessun dolore percorreva il corpo di Emerella, mentre lui le lanciava le pietre.
    Non può essere. Le pareva di avere sentito dolore, ma non era vero.
    Forse, si era preparata psicologicamente ad un evento inesistente.
    Ad un tratto, il maestro interruppe il lancio di pietre e le fece segno di avvicinarsi.
    Emerella lo guardò, stupefatta. Da tanto, troppo tempo non era abituata a simili manifestazioni di riguardo.
    Con la morte del suo primo maestro, era stata costretta a curare da sé medesima le sue ferite.
    Allungò il polso e l'uomo le diede un'occhiata al polso. Poi, con tono neutro, rilevò la sua resistenza ai colpi.
    Resistenza? Tale parola stupì la giovane ladra.
    Lei si era sempre considerata incline ad attività di rapidità e agilità, come poteva conciliarsi con lei la forza e la resistenza?
    Allontanò quel pensiero e fissò sul maestro uno sguardo risoluto. Doveva proseguire l'allenamento.
    Lui le spiegò che avrebbe dovuto prendere le pietre. L'allenamento, quindi, si era invertito.
    Lei annuì e, per alcuni istanti, rimase immobile, cercando di recuperare energia.
    Poi, ritornò allo stesso posto , piegò le gambe e diede un segnale di assenso al suo insegnante. Era pronta a continuare.
    Lui, rapido, cominciò a lanciare sassi in diverse direzioni.
    L'occhio seguiva, attento, il movimento del maestro. La sua mente, rapida, studiava la traiettoria dell'arto.
    Le gambe, rapide, saltavano braccia, rapide, saettavano, mentre le sue mani sottili si chiudevano sui sassi, implacabili.
    Solo due sassi sfuggirono alla presa della giovane, cadendo con un tonfo, ma lei, senza alcuna lamentela, continuò l'allenamento.





     
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    Avremmo continuato così per un'ora circa, fino a quando le ombre non si posarono fino ai picchi più alti di Kumo, stanti attorno a noi. Con più trascorreva il tempo e con più la ragazza difronte a me iniziò ad abituare il proprio corpo non solo al ritmo ma anche a bilanciare le energie spese per ogni colpo sferrato verso i proiettili che le lancia contro. Continuai per un'altra manciata di minuti, fino a quando notai che la ragazza aveva infine raggiunto il suo limite.
    Per stasera basta così.
    Dichiarai con un cenno del capo, facendole cenno con una mano di avvicinarsi, mentre io feci lo stesso in sua direzione.
    Fammi vedere le mani.
    Portai avanti le mie, tenendo i palmi rivolti verso l'alto, così d'accogliere le sue – più minute. V'erano diverse sbucciature, sparse qua e là su alcune nocche, ma nel complesso si poteva dire che non si fosse fatta granché male.
    Tieni, applicala sulle escoriazioni ed applicaci un bendaggio caldo.
    Le consegnai una piccola scatola cilindrica, all'interno della quale v'era una pomata cicatrizzante che Emy avrebbe potuto utilizzare anche subito, qualora avesse voluto o (in alternativa) una volta tornata a casa.
    Ci rivediamo domattina, alle prime luci dell'alba...buona serata.
    Giusto il tempo di salutarci con un sorriso ed un cenno del capo, quindi avrei preso congedo dirigendomi a casa, immerso nei miei pensieri. La mia mente stava ragionando su come potessi migliorare le abilità di un simile diamante grezzo. Io lo scoprii poco prima di dormire, mentre Emerella lo avrebbe appreso il giorno seguente, non appena giunse sul luogo ove c'eravamo lasciati la sera prima.
    Buongiorno, Emy-chan.
    Ai miei piedi, la mora avrebbe potuto notare un piccolo fagotto ben chiuso, all'interno del quale avevo custodito il segreto dell'allenamento che avrebbe seguito da quel giorno in poi.
    Come vanno le mani? Le ferite si sono cicatrizzate nella notte?
    Qualora avesse seguito le mie indicazioni, le nocche si sarebbero presentate sì spellate, ma senza i piccoli tagli rossi della sera precedente.
     
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    Nome: Emerella | Clan: sconosciuto | Villaggio: Kumogakure | Grado: ?


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    L'allenamento, sempre più intenso, continuò.
    Emerella sentiva la fatica irradiarsi, come sangue, lungo le sue braccia e le sue gambe, ma stringeva i denti.
    Il suo sguardo, ostinato, si manteneva fisso sul suo maestro, mentre il sudore impregnava il suo corpo. Non si sarebbe mai arresa.
    - Per oggi, basta così. - dichiarò ad un tratto Daisuke.
    Emerella fece per ribattere, ma si guardò intorno e si accorse della discesa della notte, dominata dalla luce argentea della luna, che ricopriva le montagne di Kumo.
    Il maestro, poi, le chiese di fargli vedere le sue mani.
    Perché? si chiese. Mai nessuno aveva mai mostrato un simile riguardo.
    Tuttavia, lei allungò le mani e volse le palme verso l'altro.
    Lui le prese le mani e, per alcuni istanti, le esaminò.
    Le consegnò una scatola e le consigliò di applicare la crema sulle mani.
    Lei, sempre più sorpresa, annuì e fece quello che lui le aveva consigliato.
    Pochi istanti dopo, la salutò sorridendo e lei, d'istinto, ricambiò il suo gesto.
    Come è possibile? si chiese. Credeva di essere diventata stoica e impassibile, con la sua vita precedente.
    L'onore l'aveva guidata. Pur nella sua attività di ladra, aveva scelto un codice d'onore ferreo, lontano da qualsiasi gioia.
    Prese la borsa coi suoi vestiti eleganti, tornò a casa e, sopraffatta dalla stanchezza, si lasciò cadere sul letto. Non aveva mai provato un simile allenamento.
    Tre ore dopo, la giovane si svegliò. L'alba, coi suoi colori aranciati, irradiava la sua stanza, creando giochi di luce sui muri, ma nessun rumore giungeva alle sue orecchie.
    Emerella, per alcuni istanti, rimase immobile, in attesa, poi si alzò in piedi. Avvertiva ancora l'indolenzimento muscolare, ma non poteva cedere dopo un solo, misero giorno di prova.

    Non c'è onore nella resa.



    Onore. Quella parola risplendeva nella mente di Emerella.
    Ma non era il momento di un simile pensiero.
    Si lavò, indossò una maglia blu, pantaloni neri e sandali bianchi aperti, si legò i capelli in una coda alta.
    Poi, uscì dalla casa, si fermò davanti ad una pasticceria e consumò una tazza di latte con due fette di torta di mirtilli.
    Pagò, si sciacquò un po' il viso e, a passo rapido, si avviò verso il luogo di allenamento.
    Emerella, di tanto in tanto, lanciava sguardi al villaggio, che cominciava ad animarsi, dopo la nottata.
    I negozi cominciavano ad aprire le serrande, mentre diverse persone, di ogni età, sesso e condizione sociale, cominciavano ad uscire di casa.
    Quando giunse alla meta, con suo stupore, vide il giovane ninja sul campo di allenamento.
    Lui, accortosi di lei, la salutò con cortesia.
    - Buongiorno, Daisuke. - ricambiò lei, gentile.
    Il suo sguardo, attento, si accorse però di un fagotto ai piedi del giovane.
    Che cosa è? , si chiese lei. Sembrava la valigia di un pellegrino.
    Ma lui sembrava innamorato del suo paese.
    Poi, lui le chiese se le ferite si fossero cicatrizzate.
    D'istinto, la genin abbassò lo sguardo sulle sue mani e sbarrò gli occhi, stupita.
    Le sue mani sottili, pur spellate, erano prive di tagli. Come era possibile?
    - Sì... Si sono cicatrizzate... - confessò, sinceramente stupita.






     
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    Annuii compiaciuto, quando la ragazza m’informò che le sue mani s’erano cicatrizzate durante la notte – grazie alla pomata che le consegnai, poco prima di lasciarci. Notai anche lo sguardo curioso rivolto verso il fagotto, così decisi di non farla attendere oltre, svelandole il contenuto.
    Aprilo, è per te.
    Indicai l’involucro in tessuto con una mano, incrociando poi le braccia al petto nel farmi indietro di un passo, dandole così modo di avvicinarsi ad esso nonché di togliere il nodo fatto con i quattro lembi. Non appena lo fece, avrebbe (poco alla volta) scoperto ciò che avevo impilato per lei – al suo interno: in cima, avrebbe trovato una coppia di guanti (simil fit-boxe), imbottiti con una leggera protezione per i colpi a impatto; appena sotto, avrebbe trovato quelli che davano l’idea di essere dei parastinchi; infine, come base del tutto, avrebbe ritrovato una casacca e dei pantaloni, entrambi piegati a dovere.
    Su, provateli…voglio proprio vedere come ti stanno.
    Qualcosa nel mio sguardo e, soprattutto, nel mio sorriso parve turbarla. Fu come se le stessi nascondendo qualcosa e – al contempo – come se mi stessi aspettando una sua reazione, a breve. La risposta ai suoi dubbi non tardò a mancare: non appena portò la mano sui guanti, pronta a sollevarli così da infilarseli, una smorfia le avrebbe (probabilmente) turbato l’espressione già stranita sul volto. Quei guanti erano sì resistenti, ma anche piuttosto pesanti: 2kg l’uno, ad essere precisi. Non avrebbe trovato alcuna pietà, qualora mi avesse rivolto il suo sguardo stranito. Statuario, avrei atteso il completo cambio di outfit da parte dell’esile ragazza, voltandomi così da concederle di cambiarsi pudicamente. Ci avrebbe messo del tempo, in quanto ogni parte di quell’outfit l’avrebbe appesantita di diversi chilogrammi: altri 4 kg i parastinchi, 8 kg la casacca e infine 4 kg i pantaloni lunghi da jogging.
    Inizieremo con 20 kg, aggiungendone man mano che ti abituerai.
    Commentai con tono solenne, mentre continuavo a darle le spalle, curioso di scoprire come l’avrebbe presa la non-più-così-agile gatta dagli occhi di smeraldo.
     
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    Nome: Emerella | Clan: sconosciuto | Villaggio: Kumogakure | Grado: Genin


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    - Aprilo, è per te. - le ingiunse il suo maestro.
    Emerella si chinò sul fagotto e, con un movimento negligente, lo aprì.
    Sgranò gli occhi. Dentro quell'involto, c'erano due guanti imbottiti, simili a quelli dei praticanti da pugilato, parastinchi, una casacca e dei pantaloni.
    Guardò il maestro e il suo stupore aumentò. Il suo sorriso era imperscrutabile, simile a quello d'una statua.
    Provò a sollevare i guanti e li sentì pesanti sulle mani. Evidentemente, c'erano dei pesi.
    Capisco. Il peso rafforzerà i miei muscoli, quando dovrò togliermelo. Una logica, per quanto a lei ancora estranea, c'era.
    E non aveva intenzione di deludere le sue aspettative.
    Il suo viso ritornò statuario e fissò uno sguardo serio e determinato sul maestro.
    Poi, attese che si voltasse e cominciò a prepararsi, sistemando con ordine maniacale la sua maglietta e i suoi pantaloncini.
    Pesano. Non avrei mai combattuto così. Le era stato insegnato a contare sulla sua agilità e sui riflessi, perché avevano sottolineato la sua mancanza di forza fisica.
    Sfrutta quello che hai. Non cercare qualcosa che non possiedi. Perfino il suo maestro, così nobile e onorevole, le aveva insegnato a servirsi della sua fisicità sottile, per compiere la sua opera.
    Se l'avesse vista, ne era sicura, si sarebbe messo a ridere.
    Quel giovane, invece, credeva che le sue membra potessero diventare forti.
    La gatta, per lui, poteva diventare una tigre.
    Barcollò e, testarda, cercò di trovare un equilibrio. Quei pesi le avevano spostato il baricentro del corpo e la sua andatura, di solito sinuosa, appariva quella di una ubriaca.
    Era però decisa a non lamentarsi. Aveva scelto lei la strada della kunoichi e le lacrime non erano per lei.
    Le aveva dimenticate, quando aveva abbandonato il suo nobile clan.
    - Che... Che cosa devo fare? Qual è il prossimo passo? - chiese, cercando di mantenere la sua solita, pacata fermezza.









    Edited by Noroella - 16/5/2023, 00:05
     
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    Non appena Emerella finì di cambiarsi, mi voltai in sua direzione nell’osservare più da vicino lei nonché le sue scoordinate movenze. Le sarebbe stato necessario del tempo per abituarsi a quel gravoso peso, ma continuai ad essere più che convinto che la ragazza potesse non solo farcela, ma superare persino le mie – già alte – aspettative.
    Incrementeremo periodicamente il peso, non appena noterò che avrai fatto l’abitudine con quello precedente.
    Spiegai inizialmente alla mia allieva, incrociando le braccia al petto nell’assumere una posa austera ma che le lasciò – al tempo stesso – una sensazione di protezione (da parte mia) nei suoi riguardi.
    Ovviamente, per farci l’abitudine dovrai portare l’outfit per quante più ore possibili, durante la giornata. Se osserverai le mie indicazioni, nel giro di un mese sarai decisamente più forte di prima e potremo finalmente pensare ai classici allenamenti di coppia, così d’affinare la tua tecnica nel taijutsu.
    Battei le mani, dichiarando conclusa la spiegazione a favore del vero e proprio allenamento intensivo che sarebbe iniziato con il riscaldamento.
    Come riscaldamento, inizieremo con una decina di chilometri di corsa su terreno con pendenze miste.
    Iniziai ad avviarmi lungo il sentiero, trasformando l’iniziale – pacata – camminata, in una via via sempre più veloce fino a quando non fu sufficientemente veloce da poter essere definita corsa.
    Se te la senti, possiamo accelerare l’andatura.
    Un sorriso ironico si palesò sul mio volto, svelandole quella che le sarebbe apparsa più come una sfida (con sé stessa) che una mera domanda senza ripercussioni.

    CITAZIONE
    Descrizione eventi: come hai già scoperto durante l'esame, da questo momento in avanti suddividerò i miei post in “OnGdr” (nel quale verranno ruolate le vicende) e “OffGdr” (nel quale dovrai essere tu – in qualità di giocatrice – a compiere delle scelte per la tua pg). Continuerai a fare post univoci, ma dovrai indicare (nel narrato) la condizione scelta per lei.

    Bivio/Causa: Daisuke ha lanciato una sfida alla sua allieva, che scelta intraprenderà quest'ultima?
      Emerella accetterà con orgoglio la richiesta, rischiando tuttavia di stancarsi prima;
      Emerella rifiuterà, mantenendosi conservativa.

    A te la scelta! Come sempre, ti ricordo che per ciascuna di esse ci saranno sia dei bonus che dei malus :susoman:
     
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    Con calma, l'uomo le spiegò i prossimi passi del suo allenamento.
    Comprendo. Il corpo, prima o poi, si abitua., rifletté la giovane. Quel jonin credeva nella sua capacità di sopportare il dolore e la fatica.
    Un lampo, per alcuni istanti, balenò negli occhi verdi di Emerella. Sentiva quel peso gravare sulle sue spalle sottili, ma non aveva nessuna intenzione di arrendersi.
    No. La fatica non mi ha mai spaventato., si disse. Come ladra, aveva imparato a controllare le sue emozioni e aveva conosciuto la fatica d'un simile esercizio.
    Doveva applicare quella sua volontà al corpo.
    L'espressione statuaria di Emerella, per un istante, si attenuò. Daisuke si era mostrato severo, ma corretto.
    La bellezza, per lui, era solo una maschera e manteneva fede alle sue parole.
    Tanti, troppi si erano parati dietro belle parole e non avevano esitato a prendersi libertà eccessive con lei.
    Senza alcuna esitazione, la giovane genin seguì il suo maestro. Sì, avrebbe sopportato qualsiasi prova.
    Il ritmo della camminata, a poco a poco, accelerò, fino a trasformarsi in una morsa, su terreni a pendenze differenti.
    Il cuore di Emerella accelerò i battiti, mentre il respiro accelerava e il sudore impregnava la sua tuta. Ma non si arrendeva.
    Le pareva di sentire il calore del sole arroventarle la testa, ma non ci badava. Il dolore, in ogni forma, era una parte necessaria della strada per diventare una ninja.
    Barcollava, si rialzava, cadeva e proseguiva, stringendo le labbra fin quasi a farle sanguinare. La resa non era tra le sue opzioni.
    Andrò oltre i miei limiti. si ripromise. La sua pressione fisica stava cadendo, ma manteneva un silenzio stoico, da guerriera.
    Daisuke sarebbe stato contento di lei.







    Edited by Noroella - 31/5/2023, 00:20
     
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    Alla mia richiesta, Emerella rispose con fervore – malgrado non fossi del tutto certo se a consigliarla fosse stata la sua determinazione o la sua sconsideratezza. Proseguimmo a ritmo sostenuto per secondi, minuti, ore, giorni, settimane; e se nei primi tempi i pesi furono per lei al pari di zavorre per mongolfiere (tanto da farla incespicare una moltitudine di volte), col trascorrere del tempo il suo corpo si abituò ed i suoi passi divennero sempre più precisi, guidati dagli arti inferiori via via sempre più atletici. Dopo un paio di settimane, le aumentai il carico d’una ventina di chili, distribuendoglieli proporzionalmente sui quattro arti e – stavolta – il peso le rallentò solo il passo di marcia. Le cadute delle settimane prima, avevano istruito il suo corpo e la massa muscolare – ora – le permetteva di non cedere più. Non fu l’unica cosa che notai: in alcuni punti del percorso ch’eravamo soliti a percorrere, notai alcune scintille dissiparsi a terra dalle sue caviglie, rivelando i primi frutti del duro allenamento conseguito. Fu ad un mese dall’inizio delle intensive sessioni che, ritrovandomi (come ogni mattina) nel punto di partenza del quotidiano circuito di marcia, decisi ch’era giunto il momento di verificare i suoi progressi.
    Ben ritrovata, Emy-chan.
    Sorrisi alla ragazza, non appena la vidi arrivare, osservandola nell’appurare come il suo fisico fosse mutato nel corso di quel mese. Chiaramente serviva avere un occhio scrupoloso per notare le differenze (rispetto a prima), ma bastava osservarla negli occhi e nel modo in cui si muoveva per comprendere la forza e la resistenza che era riuscita ad ottenere, oltre che ad una maggiore sicurezza in sé stessa.
    Quest’oggi indosserai questo.
    La kunoichi, molto probabilmente, si sarebbe aspettata un outfit avente un ulteriore incremento di peso all’interno del nuovo fagotto che le indicai. Invece, non appena andò ad aprirlo e prese tra le proprie mani i capi da indossare, notò (per la prima volta dopo molto tempo) una strana sensazione: la casacca, i pantaloni e i guanti erano sorprendentemente leggeri. Cosa stava a significare? Perché vestirsi con una divisa così leggera?

     
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    Nome: Emerella | Clan: sconosciuto | Villaggio: Kumogakure | Grado: Genin


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    Il tempo, ben presto, cominciò a mostrare i risultati dei duri allenamenti di Emerella.
    La fatica, prima greve, diminuì e i suoi movimenti si fecero più sciolti.
    La giovane kunoichi, però, ben si avvide del mutamento del suo corpo. Le sue braccia, prima esili, si erano gonfiate e le sue gambe erano tornite, come fossero lavorate nel marmo.
    Anche l'addome, per quanto piatto, rivelava una muscolatura dura.
    Come devo rapportarmi a questo corpo?, si chiese, stupita. Con maggiore efficacia, aveva difeso un gruppo di bambini da un assalto di bulli.
    Eppure, pur essendo contenta di tale mutamento, le sembrava di essere un'altra persona.
    Un mese dopo l'inizio delle sedute di allenamento, la giovane, a passo rapido, si avviò verso il circuito di allenamento.
    Appena giunse, Daisuke la salutò.
    - Salve, Daisuke. - lo salutò a sua volta lei. Il suo occhio esperto di ladra riusciva a vedere negli occhi del maestro un certo compiacimento per i suoi risultati.
    Non devo adagiarmi., pensò. Certo, i suoi traguardi erano ottimi, ma si poteva sempre andare avanti.
    Niente restava fermo.
    Poco dopo, l'uomo le indicò un fagotto, contenente una nuova tuta di allenamento, e lei lo prese per soppesarlo e aprirlo.
    Ma è leggerissimo! pensò lei, meravigliata. Le sembrava quasi senza peso tra le sue mani.
    Era leggero? O semplicemente la sua nuova forza la portava ad ingannarsi su pesi e misure?
    Girò la testa e fissò sul suo maestro uno sguardo perplesso.
    - Perché un abito così leggero? O forse mi inganno io, perché fisicamente sono diventata più forte? -





    Edited by ¬Wævu - 11/6/2023, 13:55
     
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    Le lasciai tempo e modo di esternare le sue considerazioni in merito al nuovo outfit che le procurai quel giorno, il quale non era altro che una comunissima divisa usata nelle più comuni arti marziali.
    Entrambe le cose.
    Le risposi con tono pacato, facendole quindi ceno di andare a provarselo nel mentre – come d’abitudine – mi voltavo in direzione opposta, portando le mani ai fianchi nell’assumere una postura d’attesa.
    Quest’oggi verificherò i tuoi progressi con un breve duello.
    Spiegai, lasciando alla kunoichi qualche secondo per riflettere su ciò che le avevo appena detto, così da farle fare mente locale a riguardo.
    Questo mi permetterà non solo di valutare il tuo pieno potenziale (per futuri incarichi), ma anche di considerare l’eventualità di insegnarti il nintaijutsu.
    Accennai in ultimo, piuttosto convinto che la mia allieva potesse – tutto sommato – riuscirci, qualora avesse perseverato lungo la via intrapresa da qualche settimana.
     
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    Emerella La gatta dagli occhi di smeraldo



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    Nome: Emerella | Clan: sconosciuto | Villaggio: Kumogakure | Grado: Genin


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    Mentre si vestiva, Emerella sentì la spiegazione del maestro. Lui voleva provare la sua abilità nelle arti marziali per valutare i suoi miglioramenti.
    Sbarrò gli occhi, perplessa. Certo, era aumentata la sua muscolatura, ma il suo modo di combattere non era mutato.
    Come dovrò combattere?, si chiese. Lei aveva imparato a sfruttare la forza del nemico, per rivolgergliela contro.
    Ma una struttura fisica simile non si accordava con uno stile di combattimento tanto elegante e fluido.
    Scosse la testa, facendo ondeggiare i lunghi capelli neri. No, non doveva preoccuparsi di questo.
    Avrebbe avuto il tempo di migliorare.
    Nintaijutsu?, pensò la giovane, sempre più perplessa. Non conosceva questa parola.
    Le faceva salire alla mente reminescenze mistiche, religiose.
    Ma, ne era sicura, riguardava il combattimento.
    Con un sospiro, appoggiò il piede destro sulla punta e alzò il braccio sinistro davanti a sé, in posa di guardia. Era sicura di suscitare la perplessità del suo maestro, ma la sua muscolatura non era stata ben sfruttata nel combattimento.





     
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    A differenza di quella adottata da Emerella, la mia posa di combattimento fu tutt’altro che precaria: le gambe, divaricate, vedevano le piante dei piedi ben piantate a terra nel formare una postura del tutto simile a quella di un cavaliere, a cavallo. Stabile sul posto, la struttura corporea era pronta ad esprimere il suo pieno potenziale, alla stregua di un trabucco alle porte di una fortezza. Le braccia si levarono verso il cielo, tracciando verso l’esterno un arco che si sarebbe unito una volta che i pugni si sfiorarono – sopra la mia testa – abbassandosi verticalmente fino ad unirsi all’altezza della vita.
    Pronta?
    Tuonai, buttando fuori l’aria che avevo immagazzinato con l’ultima inspirazione, muovendo poi il braccio mancino verso di lei nel piegarlo a 90° e liberare indice e medio verso l’alto; l’altra mano, invece, avrebbe preservato l’intero pugno, portandosi al fianco destro col palmo chiuso rivolto anch’esso verso l’alto. Durante la separazione delle mani, il torso avrebbe accompagnato il movimento dell’arto sinistro, torcendosi in senso antiorario nell’assumere una postura più da arciere: gamba sinistra piegata e l’altra divenuta tesa. Non appena ricevetti una risposta affermativa, avrei compiuto uno slancio in direzione della kunoichi che – ora – si sarebbe dovuta esprimere fisicamente in un modo totalmente differente rispetto al consueto: il mio primo attacco, puntò al suo addome e la ragazza si rese immediatamente conto che non avrebbe avuto modo di difendersi con un’evasione.
    Si sarebbe dovuta inventare qualcosa…e alla svelta.
     
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    Narrato - Pensato - Parlato

    Lo sguardo di Emerella, attento, si concentrò sull'imponente figura del maestro.
    L'uomo, che aveva scelto di piantarsi a gambe larghe sul terreno, intendeva sfruttare la sua maggiore statura e le sue migliori leve articolari.
    Poco dopo, l'uomo alzò le braccia verso l'alto, disegnando un arco che si congiunse quando i pugni si sfiorarono sulla sua testa.
    Con voce decisa, lui le chiese se fosse pronta.
    Emerella fissò su di lui uno sguardo fiero e deciso. Non le parole contavano, ma gli atti.
    Doveva mantenere lo sguardo sul corpo del suo maestro.
    La posa del giovane, ad un tratto, mutò. La gamba sinistra si piegò, la gamba destra si tese.
    Il braccio sinistro era alto, mentre quello destro era basso.
    Poi, con uno scatto, felino, si lanciò verso di lei.
    Emerella, d'istinto, sollevò la gamba in punta, cercando di proteggere l'addome. Forse, non sarebbe servito a niente, ma doveva provarci.
    Per un istante, il dolore parve soverchiarla, ma lei non cedette. La resa non era contemplata.
    Poi, girò su se stessa e tentò di assestare tre calci al fianco sinistro dell'uomo, che era rimasto scoperto nell'esecuzione del pugno.
    Ogni varco doveva essere sfruttato.






     
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